venerdì 8 maggio 2009

Gesù non era un rivoluzionario ma è venuto per "compiere" la Legge

Hobbes, la Bibbia e i Vangeli
Gesù non era un rivoluzionario ma è venuto per "compiere" la Legge
di
Bernardino Ferrero
12 Aprile 2009

Il Cristo non era un rivoluzionario. E’ questo il messaggio centrale che salta fuori con forza dalle pagine di “Gli insegnamenti politici di Gesù”, il libro dello scrittore americano Tod Lindberg. L’autore ha riletto i Vangeli limitandosi a indagare il messaggio "terreno" del Cristo, le parole su cui si fonda la “comunità gesuista”, come la definisce. Gesù non viene sulla Terra per sovvertire le regole, non è una specie di Che Guevara del mondo antico o il Profeta insubordinato caro a certa teologia della liberazione. Non si ribella alla Legge ma viene a “compiere” la Legge. Perché una legge, ai suoi come ai nostri tempi, c’è già. Era la legge biblica, una legge dura, severa, la “legge del taglione”. Uccidi i miei cari? Sarai ucciso. Occhio per occhio.

Potrà sembrare strano considerare questa crudele quanto ingenua forma di rivalsa una Legge in grado di dare stabilità all’ordine sociale, ma teniamo conto che Gesù non predicava in un mondo democratico come quello in cui siamo abituati a vivere – tanto più che anche nella nostra epoca la legge può assumere tratti vendicativi e al limite della persecuzione. Ma le leggi servono per venire fuori da un regime precedente che è molto peggiore: il mondo hobbesiano del “tutti contro tutti”, la legge del più forte, senza regole e senza limiti, l’anarchia e il terrore.

La società antica in cui Gesù si trova a predicare stava faticosamente uscendo da questa fase irrazionale del progresso umano. Gesù non vuole ribellarsi né alla legge dei suoi padri, né a quella dei padroni romani. Il suo obiettivo è “compiere” la legge biblica, andare oltre la legge verso una nuova idea di comunità che sia fondata sulla giustizia universale, la buona volontà e il rispetto degli uni verso gli altri. “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi – dice – anche voi fatelo a loro”. E’ questa la regola d’oro per lasciarsi alle spalle il caos delle origini e dare compimento alle rigide e spesso impietose sentenze dei tribunali.

Possiamo trovare giustizia per i torti che abbiamo subito rivolgendoci ai giudici, nella speranza che riconoscano le nostre ragioni e puniscano i nostri avversari. Ma se la realtà in cui viviamo ce lo permette, cioè se non siamo sprofondati nella barbarie, c’è anche un altro modo per avere giustizia: confrontarci direttamente con il nostro nemico, perdonarsi reciprocamente, trovare una conciliazione nel nostro animo prima che sul banco degli imputati.

“Porgi l’altra guancia” non è semplicemente un gesto passivo, una forma di debolezza che ci espone alla mercé del nemico. E’ piuttosto un gesto attivo e, questo sì, ribelle. Sorprende il proprio avversario che – si badi bene, ci ha solo schiaffeggiato, umiliato, non accoltellato o ferito gravemente – con un linguaggio che non si aspetterebbe mai e che potrebbe indurlo a cambiare, a ritrovare in se stesso la luce della giustizia. Rileggendo il “Discorso della Montagna”, le preghiere come il “Padre Nostro”, le parabole, Lindberg fa emergere i tratti “politici” del messaggio del Cristo: l’idea di un mondo a venire che è già venuto (dovrà solo estendersi), e che si realizza ogni volta che gli uomini di “buona volontà” mettono in pratica gli insegnamenti del Vangelo.

http://www.loccidentale.it/articolo/ges%C3%B9+non+era+un+rivoluzionario+ma+viene+a+%22compiere%22+la+legge.0069623

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