venerdì 8 maggio 2009

Credenza ,sociologia e storia della reincarnazione

Credenza ,sociologia e storia

Nel XX secolo è diventato un fatto sociale e spirituale credere nella possibilità della reincarnazione come metempsicosi. In un mondo un po' disorientato e che vede sgretolarsi le sue ragioni di vita, una credenza che osa affermare con forza qualcosa di ciò che avviene dopo la morte ha la possibilità di farsi ascoltare e dì testimoniare la spiritualità di fronte a una società ritenuta troppo materialistica. La reincarnazione seduce una parte degli occidentali. Non tutti ci credono, ma molti guardano ad essa con attenzione. 1- Credere nella reincarnazione è uno dei modi di credere nella vita oltre la morte. E' una vita ultraterrena che in qualche modo ritorna ad occupare un posto nella vita presente.[SCARIA THURUTHIYIL, Induismo e reincarnazione, in «Religioni e Sette nel mondo», anno 4, n. 1, BOLOGNA, 1997, p. 25. ]
2-Credere nella reincarnazione è credere in una anima immortale comunque concepita.
3- Credere nella reincarnazione dell'anima è credere che le esistenze individuali umane sono in qualche modo legate fra loro.C'è una specie di discendenza che non è della carne e sangue ma dello spirito.La propria esistenza è legata ad una esistenza precedente del sè e si ha la possibilità di migliorare la propria esistenza presente se si pesca nelle proprie esistenze passate.
4- Credere nella reincarnazione significa credere nella possibilità di migliorare spiritualmente la propria anima attraverso le incarnazioni successive.Tutte queste credenze permettono di :
1- Sentirsi immortali
2- Sentirsi non destinati all'oblìo
3- Sentirsi legati per sempre alle cose terrene
4- Sentirsi collocati in una prospettiva di recupero della esistenza attuale in esistenze future forse migliori
5- Sentirsi parte di una catena di esistenze, meno soli.
6- Sentirsi meglio integrati nel tempo.
7- Sentirsi dentro una dottrina piu' logica e percio' più sicura di quella della resurrezione ad esempio.Si spiega così il senso di un cattivo destino come l'eredità di una vita precedente; l'inaccettabilità di un Inferno eterno,il male inspiegabile,etc. La credenza nella reincarnazione ha indubbiamente una funzione tranquillizzante e consolatoria sulla psiche umana, ma soprattutto muove nell'essere una speranza di ordine spirituale.

INDIZI ?
1-La sensazione del già visto o già vissuto,
2-Il possesso di un sapere misterioso di origine ignota
3-e infine la scoperta dì un passato che non sembra appartenere alla vita attuale e che quindi sembra risalire a una o a più vite precedenti.

La sensazione del già visto o del già vissuto
Alcune persone, in certi momenti della loro esistenza, hanno l'impressione di aver già avuto l'esperienza di cìò che sta loro succedendo. La documentazione su osservazioni di questo genere è vasta. E. Bertholet ne rìporta una lista molto lunga. Per esempio, un insegnante degli ìnizi del secolo acquistò presso un venditore di libri usati « un vecchio libro di poesie scrìtto da un autore a lui assolutamente sconosciuto;vedendolo,provò una strana impressione e si sentì irresistibilmente attratto da quell'opera, l'aprì e fin dalle prime parole colse una viva emozione... Quale non fu lo stupore del professore, quando si rese conto che quei versi non gli erano assolutamente estranei e che, una volta cominciata una poesia, non aveva più bisogno di continuare la lettura, perché Poteva recitarla a memoria»,.
Naturalmente, si può discutere sull'obiettività di tale testimonianza. Accettiamola per principio. Il problema consiste allora nel sapere come interpretare questo e altri fatti simili. E' evidente che viene in mente l'ipotesi di una vìta precedente: è un'interpretazione che spiega ciò che viene constatato, soprattutto se fa già parte delle credenze che sì hanno. Ma sono possibili altre interpretazioni e crediamo giusto riferirle. L'insegnante in questione poteva essere influenzato da una reminiscenza inconscia. Oppure da una trasmissione di pensiero di cui non era consapevole. Altra ipotesi: poteva avere un «dono» particolare di comunicazione con il defunto autore delle poesie che egli stava scoprendo.Si ritrova presso tribù africane in etnologia, la credenza nella possibilità dei defunti di influenzare, possedere, vitalizzare, i viventi. Si dirà che tali interpretazioni sono poco verosimili. Ma cosa è verosimile in questo campo e cosa non lo è? Non possiamo stabilirlo a priori.Se si utilizza l'idea preconcetta di reincarnazione per spiegare fenomeni apparentemente inspiegabili siamo nell'ambito della autosuggestione.
Lo scienziato americano lan Stevenson ha studiato abbastanza obiettivamente duemila casi di «memoria remota». Ne ha salvati una ventina che, secondo lui, possono tutt'al più «suggerire» come possibile spiegazione l'esistenza di vite anteriori . D'altra parte la sensazione dei «già visto» o del «già sentito» viene riconosciuta come un sintomo psichiatrico connesso abitualmente con turbe della memoria. Non pretendiamo che la patologia «spieghi» automaticamente simili esperienze. Vogliamo solo notare che turbe psichiche possono essere all'origine dell'impressione che alcuni soggetti hanno di fronte a un evento che a loro sembra ripetersi.
La credenza della reincarnazione puo' nascere anche da una concezione ciclica del cosmo o della storia.Essendo l'uomo parte di questo cosmo logicamente si tenderebbe a fargli seguire tempi ciclici.In quest'ottica la reincarnazione appare come qualcosa di ben integrato nelle leggi generali del cosmo.

LA STORIA

Nell'antica Grecia Omero non conosce la trasmigrazione delle anime.
Si ritrova a partire dal IV secolo nell 'Orfismo e nei Pitagorici.
Si teorizza su basi scientifiche che la credenza sia giunta in Grecia ed in Egitto dall'India.
Naturalmente integrandosi con le due culture.

La rinascita ( vedi : induismo e buddhismo in questo sito )
Nelle religioni orientali come l' induismo e il buddhismo si parla di rinascita per descrivere la visione mistica di qualcosa ( contenitore karmico) che passa da una esitenza individuale ( vegetale, animale, umana, extraterrestre, etc) ad altre esistenze successive e di reincarnazione per indicare la nuova nascita di un una Coscienza che ha già raggiunto il Paradiso (o il Nirvana).
La dottrina della rinascita, conosciuta anche con altri termini come reincarnazione, trasmigrazione delle anime, metempsicosi (o, più accuratamente, metensomatosi, "passaggio da un corpo a un altro"), palingenesi (dal greco, letteralmente, "cominciare di nuovo"), riguarda la rinascita del Sé , o individualità cosciente , psiche, mente personale, in una serie di incorporazioni fisiche e preternaturali, che sono normalmente umane o animali ma in alcuni casi sono divine, angeliche, demoniache, vegetative, o astrologiche».
I Veda , i più antichi testi sacri dell' Induismo non contengono una chiara dottrina sulla rinascita. Assomigliano molto alla Iliade ed Odissea di Omero. Dottrine sulla rinascita compaiono nell Upanishad (testi di commento dei Veda che risalgono presumibilmente al l'VII-VII sec a. C.). Alcuni storici Indù sostengono che tale credenza sia stata importata da popoli estranei all'India, appartenenti a culture precedenti a quelle Indouropee. Quali? L'Ipotesi è molto fragile. Di fatto le uniche culture oggi che custodiscono rivelazioni che fanno riferimento alla reincarnazione sono quelle legate all'induismo e al buddhismo, seppure con differenze a volte incolmabili. Perché, nella Grecia antica, la reincarnazione che non fa parte delle conoscenze omeriche appare in seguito, nell'orfismo di Pítagora, in Platone e in Plotino e, nella cultura romana, in Virgilio, ìn Orazio e in Ovidio?.
Qui non possiamo addentrarci in ricerche storiche molto complesse. Ma alcune linee di interpretazione si impongono chiaramente:

a) Una cultura accoglie la reincarnazione, se per caso non l'aveva presa in considerazione fin dall'inizio, quando, al suo interno, l'individuo emerge dalla comunità come una realtà personale, dotata di libertà, di responsabilità e quindi di un valore unico. Questo significa l'orfismo della Grecia antica e questo esprimono le Upanishad e la BliagavadGita in India. Il problema da risolvere concretamente è quello della salvezza: come mantenere le norme della città o della tradizione salvaguardando la possibilità di realizzare la propria vocazione personale? Come assumere il passato e ciò che esso ha di colpevole o dì non compiuto senza essere schiacciati dal peso dei rimorsi e del male? Come essere spirituali nell'opacità del corpo? Possìamo dire che nella Bibbia una domanda del genere è affrontata da Ezechiele, durante l'esilio; in lui, tuttavia, la risposta non parla di reincarnazione, ma di un nuovo dono di Dio, di un cuore nuovo e dì uno spirito nuovo che vengono da Dio stesso. Perché questa risposta e non la risposta della reincarnazione? Per il momento mettiamo da parte il problema, per riparlarne quando affronteremo il caso particolare della Bibbia.

b) Una cultura accoglie la reincarnazione quando sente il bisogno di un « supplemento d'anima », di un rinnovamento spirituale e religioso, poiché le forme religiose e spirituali ereditate appaiono formali o troppo convenzionali. Questo sìgnificano l'orfismo e il neoplatonismo in Grecia, e la stessa cosa è avvenuta, in India, nelle Upanishad, con la loro insistenza sulla devozione (bhakti). Possiamo pensare che una situazione del genere sia ancora significativa per alcuni europei « post cristiani », che cercano una nuova spiritualità in grado di ravvivare in loro una tradizione cristiana assopita o ormai troppo standardizzata.

c) Una cultura accoglie la reincarnazione quando viene a contatto con un'altra cultura portatrice di tale credenza. Questo suppone che la cultura «reincarnazionista» sia, se non, dominante, almeno ritenuta forte e vitale, e quindi seducente. Sembra che la reincarnazione sia entrata nella Grecia antica proveniente dall'India. Nell'India stessa, le Upanishad e la Bhagavad Gita possono (forse) aver accolto il tema della reincarnazione rifacendosi a tradizioni antiche, anteriori , di tipo dravidico. Nell'Europa contemporanea, il fascino dell'Asia ha certamente il suo peso nell'importanza che alcuni attribuiscono alla credenza in questione. Naturalmente in questi processi di acculturazione non esiste un modello unico. Possiamo solo ritenere che una cultura sia tanto più permeabile a un messaggio proveniente dall'estero, se già al suo interno mette in discussione il passato e assiste a quell'emergere dell'individuo dì cui abbiamo parlato.

d) Una cultura accoglie la reincarnazione quando in essa si sviluppa il sapere e si accresce la conoscenza di tipo positivo o scientifico. là forse il caso di Pitagora nella Grecia antica: originario del Medio Oriente, questo filosofo matematìco venne a conoscenza della reincarnazione tramite il suo ambiente d'origine. Nello stesso tempo riscontrò in questo tema una certa convergenza con dati astronomici e forse astrologici. Per alcuni europei di oggi la situazione è analoga. Sono desiderosi di spiegare fenomeni strani da essi ritenuti certi, i quali sembrano portare verso la reincarnazione. Nello stesso tempo, scorgono una convergenza tra questa credenza e una concezione evoluzionista o anche panteista (= il divino sparso ovunque nel cosmo) del mondo. e) Una cultura o una religione che accoglie la reincarnazione integra quindi questa credenza per motivi che potremmo dire « progressisti » e in questo senso la nuova credenza non significa un regresso a un eventuale arcaismo ma piuttosto un passo avanti nella comprensione dell'esistenza umana.Ma ecco l'equivoco: è possibile che l'assunzione della reincarnazione da parte di una tradizione spirituale o religiosa sia il sintomo positivo di un desiderio di progresso, ma questo non significa che la credenza sia necessariamente fondata. Questa, d'altronde, è l'ambiguità di qualsiasi progressismo.

(Gruppo di ricerca Pascal Thomas in Reincarnazione, si o no? -Paoline )

La reincarnazione è una credenza antica dell' Europa.
Oggi, molti ritengono comunemente che la reincarnazione sia una « credenza asiatica ». E questo è uno dei motivi del suo « successo ». Piace perché non è «conosciuta» quanto la credenza cristiana nella risurrezione.E' ritenuta meno abusata, più nuova, dotata del fascino misterioso dell'esotico. A volte suscita anche reazioni di rifiuto che sanno di razzismo.In realtà, siamo di fronte a un altro malinteso. La reincarnazione è, da lungo tempo, una credenza europea. Ritorniamo anzitutto alla Gallia, al tempo della conquista romana, cioè verso la metà del I secolo avanti Cristo. La cultura e la religione dei Galli, e più in generale quella dei Celti, pur essendo orali e trascurando lo scritto, dimostrano chiaramente tutta la loro forza. L'accento è posto sulla vita e sui ritmi della natura (alberi, vischio, sorgenti). I giovani sono educati al valore e al coraggio di fronte al rischio della morte. Nello stesso tempo, viene loro inculcato il rispetto della parola data e la sacralità del giuramento. La sera, durante le veglie, i narratori raccontano misteriose epopee di eroi che vanno in cerca di un inaccessibile e strano tesoro. Vien dato grande rilievo alla reincarnazione? Non lo sappiamo con certezza. Sicuramente la morte non è vista come la fine di tutto. Ma la speculazione su ciò che può accadere dopo la morte è probabilmente un compito che non coinvolge tutti.

Possiamo perlomeno sostenere, ìn base ad alcune affermazioni esterne, che è presente anche la dottrina della reincarnazione.
A pensarci bene, è logico che sia così. Tale dottrina, infatti, è congeniale con i ritmi cosmici (la vita dopo la morte), con la lunga durata dei giuramenti e dei racconti meravigliosi e anche con la quotidiana presenza del pericolo durante l'iniziazione deì giovani.
Passiamo ora nella vallata del Rodano e nella regione lionese del I secolo dopo Cristo. La Gallia è parzialmente evangelizzata, soprattutto in questa contrada che da Marsiglia ha accolto cristiani provenienti dal Medio Oriente. Lo stesso vescovo di Lione è un
« immigrato » originario di Smirne (odierna Turchia), di nome Ireneo. Il vescovo è in contrasto con alcuni predicatori e teologi che la gente a volte ritiene cristiani ma che, secondo lui, sono del tutto estranei al cristianesimo. Si tratta degli gnostici. La loro corrente spirìtuale è detta gnosi (= sapere, conoscenza). Secondo loro, infatti, la salvezza consiste nello sfuggire alla materia, al corpo, grazie a una rivelazione che fa conoscere l'origine del mondo e ne manifesta l'essenza cattíva.
Secondo Ireneo, questo atteggiamento non è compatibile con il significato cristiano dell'incarnazione. Come si può essere gnosticì e credere che Dio ha preso un corpo di uomo, dal momento che per la gnosi il corpo è portatore di male e la salvezza consiste proprio nell'esistere uscendo da tutto ciò che è carnale e materiale oppure nel rotolarvisi per scherno?

Si riscontra, anche, che alcuni gnostici credono nella reincarnazione.
Non tuttì, è vero, ma in particolare un certo Carpocrate e il suo gruppo. Questi gnosticì pensano che l'anima debba sperimentare tutte le possibili forme di vita, comprese quelle peggiori, in modo da non aspettarsi più niente dall'esistenza carnale. Ireneo esprime questa concezione paradossale della reincarnazione così: « Tutti passano incessantemente da un corpo in un altro, fino a che non hanno fatto tutte le azioni che si possono fare in questo mondo». E' certamente un paradosso: per sfuggire alla materia, bisogna esaurirne tutte le possibilità!
Ireneo contesta questa concezione per due motivi, uno antropologico e l'altro teologico. Da un punto di vista antropologico, non si capisce, dice lui, come uno potrebbe aver avuto una o più vite anteriori dal momento che non si ricorda di niente. Ma soprattutto, dal punto di vista teologico, il Dio del Vangelo « non è così povero o privo di risorse da non poter dare a ogni corpo una sua anima personale e la sua irripetibile personalità». Per cui «le anime restano tali senza passare in altri corpi e conservano tutte le caratteristiche del corpo al quale sono state unite ».
Le riflessioni di Ireneo non facevano altro che riaffermare cio' che si era rivelato in Gesù! Certamente nell'antichità temi gnostici analoghi a questì a favore della reincarnazione circolavano largamente, dal momento che riscontrìamo regolarmente cristiani che vi si oppongono: Tertulliano (nell'Affica del Nord), Clemente di Alessandria, Gregorio di Nazianzo, Giovanni Crisostomo (in Egitto e nell'odierna Turchia), Ambrogio (in Italia), Agostino (nell'Africa del Nord). La corrente gnostìca ha certamente contribuito alla diffusione della credenza nella reincarnazione. In Europa era una corrente proveniente da fuori, senz'altro dal Medio Oriente e dall'Asia occidentale, come la forma più spinta da essa assunta nel III sec. e che va sotto il nome di manicheismo. Mise poi radici in Europa e si fuse con alcune tradizioni celtiche. Quindi, già nel II-IV sec., l'Europa venne a contatto con l'Asia sui temi della reincarnazione: l'incontro dei nostri giorni non è quindi nuovo. Inoltre, si tratta di un'« importazione » che si combina con quel patrimonio autoctono, che possiamo inquadrare nella cultura e nella religione celtica.

Saltiamo alcuni secoli e arriviamo ai secc. XI-XII nel Sud della Francia. Si formano gruppi di devoti detti « Catari» (= i puri) o anche Albigesi. Sono eredi della gnosi e del manicheismo. E anchessi parlano di reincarnazione. Fino a che uno non ha ricevuto il sacramento che consente di sfuggire al mondo della materia (sacramento detto consolamentum), è condannato a reincarnarsi continuamente.
I catari suscitarono grande interesse in alcuni ambienti esoterici o occultisti. C'era certamente dell'esagerazione in questo loro fascino. Ma recenti studi invitano a iscrivere la credenza nella reincarnazione professata dagli Albigesi in un contesto culturale assai illuminante. Possiamo dire che questo movimento spirituale, coscientemente al margine del cristianesimo ufficiale, esprime la coscienza di categorie sociali deluse o emarginate. Sembra che il cataro sia una persona che si ritiene emarginata e, per reazione, contesta l'ordinamento politico ed ecclesiale. In quest'ottica la reincarnazione acquista un nuovo significato. Mette in discussione la gerarchia sociale (uno si può reincarnare nobile o contadino) e i condizionamenti del tempo .C'avvenire è aperto verso altre vite che potranno compensare le presenti difficoltà). Possiamo notare che nella stessa epoca, in alcuni ambienti ebraici d'Europa, circolavano teorie analoghe, anche se con indirizzo più specificamente mistico. Il libro dello Zohar (XIII sec.) e la corrente della Kabala, sotto l'influsso della gnosi e del manicheismo, parlano della reincarnazione e la considerano un mezzo per ritrovare l'unità del mondo nonostante le colpe umane e i drammi della persecuzione subita dal popolo ebreo; al culmine della prova c'è sempre la possibilità di un'altra vita, in questo stesso mondo nel quale opera il male. Infine, sempre nella storia d'Europa, possiamo constatare che nel periodo del Rinascimento la reincarnazione interessò alcuni intellettuali, quali l'italiano G. Bruno (1548-1600), lo svizzero Paracelso (1493-1541) e il tedesco J. Boehme (1575-1624). La riscoperta dell'antichità, di Platone e di Pitagora ebbe il suo peso, abbinata alla delusione nei confronti della Chiesa dell'epoca . Ma questi ricuperi dotti della credenza nella reincarnazione ebbero un'influenza molto limitata. In fondo, in Europa, accadde come se, dall'era dei Catari, la reincarnazione fosse un tema esoterico, sviluppato in circoli ristretti e al margine del cristianesimo. Ma la storia che abbiamo delineato non autorizza a fare della reincarnazione una credenza introdotta nel pensiero europeo in tempi recenti. Ha una nozione più antica di quanto oggi comunemente si creda. Fonti storiche della dottrina della rinascita Tra gli autori occidentali più antichi che trattano di questa dottrina vi è Erodoto (484-425 a.C.) che ne parla nel secondo Libro delle Storie, con queste parole: "... gli Egiziani sono stati i primi ad affermare che l'anima dell'uomo è immortale; che alla morte del corpo essa entra tosto in un altro animale, allora nascente. Che che dopo essere passata successivamente per tutte le specie di animali della terra, dell'aria e dell'acqua, penetra nuovamente nel corpo di un uomo, nel momento in cui esso nasce: e compie questo suo ciclo nello spazio di tremila anni. Di questa dottrina, come fosse propria, si sono valsi anche alcuni autori greci..." .

Appare perciò evidente gli Egiziani credevano nella rinascita e nella metempsicosi. Di questa dottrina, comunque, se ne sono appropriati alcuni autori greci, tra cui Platone ed Empedocle, che, a loro volta, la diffusero nel mondo greco-romano. Tertulliano, dal canto suo, ne parla dicendo: "Quale valore ha oggi l'antica dottrina menzionata da Platone (cfr. Fedone) sulla migrazione delle anime; come esse si dipartono da qui e vanno ivi e poi ritornano passando per la vita e poi si dipartono nuovamente da questa vita e ritornano presto alla morte? Alcuni sostengono che quest'è una dottrina di Pitagora, mentre Albino (contemporaneo di Galeno 130-200 d.C.) sostiene che quest'è un insegnamento divino dovuto forse a Ermete Trismegisto..." . Pertanto possiamo affermare con certezza che gli antichi Egizi conoscevano e insegnavano la dottrina della rinascita, certamente in modi diversi al popolo ed agli Iniziati. Per trovare delle fonti ancor più remote dobbiamo recarci in India, dove ne troviamo ampi cenni nei Veda,uno dei testi religiosi che risale a circa 2000 anni a.C. Va però considerato che questi insegnamenti furono tramandati a voce per moltissimo tempo, la stesura dei Veda, pur essendo abbastanza recente, non deve perciò far supporre che tale insegnamento risalisse soltanto a quella data.

Il testo dei Veda che maggiormente sviluppa la dottrina della rinascita è il Codice del Manù Manavadharmashastra, specialmente nel Libro XII dove troviamo ben 126 paragrafi in cui vengono descritti premi e castighi relativi ad una vita in relazione alle altre vissute in precedenza. Questo trattato, ancor oggi, rappresenta, per gli Indù un testo fondamentale di regole civili e religiose. Studiandone il contenuto appare chiaro come sia servito di ispirazione anche per creare la legislazione greca, quella persiana ed anche la romana.
Il paragrafo 40 dice: «le anime dotate di bontà conseguono la natura divina; quelle dominate dalle passioni, ottengono la condizione umana; le anime precipitate nell'oscurità, sono avvilite allo stato di animali... Circondate dall'oscurità, manifestantesi sotto un'infinità di forme, a causa delle loro precedenti azioni, tutti questi esseri sono dotati di una coscienza interiore: sentono il piacere e il dolore. Sono così stabilite da Brahma, fino ai vegetali, le trasmigrazioni, che hanno luogo in questo mondo orribile, che si auto distrugge senza tregua...» .

Coloro che non vogliono più rinascere dovrebbero studiare attentamente i passi seguenti:
"Considera attentamente le trasmigrazioni degli uomini, cagionate dalle loro azioni colpevoli; la loro caduta nell'inferno ed i tormenti che sopportano nella dimora di "Yama": la separazione di quelli che si amano e la unione con quelli che si odiano; la vecchiaia che fa sentire i malanni, le malattie che li affliggono; lo spirito vitale che esce dal corpo per rinascere nel grembo di una creatura umana e le trasmigrazioni di quest'anima in diecimila milioni di matrici. Le sciagure che soffrono gli esseri animati a cagione delle loro iniquità e la felicità inalterabile che essi invece provano nella contemplazione dell'essere divino che conferisce ogni virtù..."

"Dandosi alla meditazione più profonda, l'asceta osservi il cammino dell'anima attraverso diversi corpi, dal grado più alto fino al più basso, cammino che stentano a intravvedere coloro il cui spirito non è stato perfezionato dai Veda..." . Altri notevoli passi del Codice di Manù alludono non solo chiaramente alla dottrina della rinascita, ma indicano la ragione delle vicende del destino umano e il modo come l'uomo può emanciparsi dalla sua condizione mortale: "Ogni atto del pensiero, della parola, del corpo, porta un buon o cattivo frutto: dalle azioni degli uomini risultano le loro differenti condizioni..." (10).

"L'essere dotato di ragione consegue una ricompensa od una punizione per gli atti dello spirito, nello spirito; per quelli della parola, negli organi della parola; per gli atti corporei nel suo corpo..." .
"Colui che è dotato di questa vista sublime, non è più incatenato dalle sue opere, ma colui che è privo di questa vista perfetta, è destinato a rinascere in questo mondo"

"Quando gli uomini delle quattro classi, senza una necessità urgente, deviano dai loro particolari doveri, passano nei corpi più vili e sono ridotti in schiavitù sotto i loro nemici.."
"L'uomo considerando con il suo spirito che queste trasmigrazioni dell'anima dipendono dalle virtù o dai vizi, diriga sempre il suo spirito verso la virtù..." .

Qualcosa ancor meglio definito lo possiamo trovare nello Samannapalasutta, dove sta scritto:
"Il monaco purificato con mente chiara dirige la sua mente verso il ricordo ed il riconoscimento dei suoi precedenti modi di esistenza e richiama alla sua mente i suoi vari destini delle vite precedenti: prima una vita, poi due vite ... fino a cinquanta vite, poi a mille vite e a centomila vite. Poi richiama alla sua mente le epoche di molte creazioni del mondo, poi le epoche di molte distruzioni del mondo... La ero io, quello era il mio nome, a quella famiglia ho appartenuto, questo era il mio rango, questa era la mia occupazione, tali erano le gioie e le sofferenze che ho avuto, così fu la mia esistenza, morendo ancora una volta venni in esistenza nuovamente altrove. In questo modo il monaco ricorda le caratteristiche ed i particolari dei suoi vari destini dei tempi passati...".


Troviamo anche questo brano interessante anche nel Mundakaupanishad:
"Chi si crea dei desideri con la sua mente, nasce di nuovo a cagione dei suoi stessi desideri" . Anche nella Bhagavad Gita, che possiamo considerare come il Vangelo degli Induisti (circa V secolo a.C.) si trovano dei riferimenti molto chiari: "Come per il corpo dell'anima incarnata vi è il sopraggiungere dell'infanzia, della gioventù e della vecchiaia, così vi è per l'anima di prendere un altro corpo, su questo punto il saggio non è perplesso". ."Al termine di molte vite, l'uomo saggio viene a Me dicendo 'Vasudeva è tutto', ma tale Mahatma è difficilissimo a trovare" . "Come l'uomo deponendo i vecchi abiti ne prende altri nuovi, così lo spirito spogliando i vecchi corpi, entra in altri nuovi..." .

Tertulliano (160-240 d.C.), uno dei più antichi Padri della Chiesa, combatteva la dottrina della metempsicosi intesa come possibilità che l'anima umana potesse trasmigrare negli animali e, nel suo Apologetico, tratta l'argomento della resurrezione in modo molto esteso, leggiamo le sue parole: "Se un filosofo afferma, come Laberio, seguendo l'opinione di Platone, che un uomo deriva da un mulo, da una serpe o da una donna e se con abilità dialettica adduce tutti gli argomenti per la comprova di una simile tesi, non otterrà forse consenso e susciterà fede in altri? ... se invece il cristiano assicura che un uomo morto, ritornerà uomo e che Caio diventerà Caio, sarà subito cacciato dal popolo ... se vi è qualche Mente che presiede al ritorno delle anime in altri corpi, perché non si dovrà credere che essa trasmigra nella sua stessa sostanza, consistendo nel ripristinare in essere ciò che uno era? Obietterete: le anime dopo aver mutato corpo, non sono più quelle di prima... Ma posso addurre un argomento più solido a nostra difesa sostenendo che è molto più degno di fede che da un uomo debba ritornare un uomo, un Tizio da un Tizio, purché rimanga uomo e che la stessa qualità di un'anima sia restituita nella sua stessa natura, benché sotto altre apparenze ... la luce ogni giorno si accende e si spegne, le tenebre si diradano e poi ritornano, le stelle scompaiono e ricompaiono, le stagioni ove finiscono, ricominciano, i frutti si consumano e ritornano, i semi non risorgono più fecondi se non si corrompono e disfanno: tutte le cose col perire si conservano, tutte le cose con la morte risorgono..." .

Origene (186-253 d.C.), considerato come uno studioso assai serio, credeva nella rinascita e venne scomunicato proprio per questo motivo. In numerosi suoi scritti troviamo esposto il suo punto di vista su questa dottrina, nella sua nota opera Contra Celsum afferma al riguardo: "Non è forse più conforme alla ragione credere che ogni anima per certe misteriose ragioni (parlo secondo l'opinione di Pitagora, Platone ed Empedocle) sia introdotta in un corpo, secondo i suoi meriti e le sue azioni passate?..." .

Anche S. Girolamo, in una lettera che scrisse ad Arito, parla della rinascita dicendo: "Se esaminiamo il caso di Esaù, potremo trovare che egli fu condannato a causa dei suoi antichi peccati in un peggior corso di vita..." Ed in un'altra occasione, scrivendo a Demetriade dice: "... la dottrina della trasmigrazione era insegnata segretamente ai pochi fino dai tempi antichi, come una verità tradizionale, che non si doveva divulgare..." .

S. Agostino dimostra di essere al corrente di questa dottrina quando nel Civitate Dei egli dice: "Certi gentili asserivano che nella rinascita degli uomini avviene quello che i Greci chiamano palingenesi... essi insegnano che avviene l'unione della stessa anima e corpo ogni 440 anni..." .
Nelle Confessioni, invece, lo ritroviamo mentre esclama: "Quando, Oh, Signore, ho io peccato? Quando ero nell'utero di mia madre o prima che io fossi? La mia infanzia seguirà ad altra età già morta? o prima ancora? E dove e chi io fui? Ho io peccato o i miei genitori?..." .

Ruffino stesso, in una lettera diretta a S. Anastasio, afferma: " ... che questa credenza era comune tra i primi Padri della Chiesa ... " .
Un'altra conferma di quanto tale dottrina fosse diffusa la ritroviamo anche nelle parole del vescovo Nemesio quando, nella sua preziosa opera De Natura Hominum, afferma: "Tutti i Greci credono che l'anima sia immortale e ritengono che questa passi da un corpo all'altro ... " .
Nella Pistis Sophia, che rappresenta l'unico Vangelo gnostico tuttora esistente, attribuisce al Salvatore le seguenti parole: "... ma colui che ha peccato una, due o tre volte, la sua anima sarà rigettata e rinviata nel mondo, secondo la forma dei peccati che ha commesso...". Questo testo viene citato da Epifanio (320-402) e da altri Padri della Chiesa.

Anche nella Cabala ebraica, conosciuta per la saggezza del suo contenuto, troviamo degli accenni alla rinascita, nello Zohar, per esempio, sta scritto: " ... tutte le anime sono soggette alle prove della trasmigrazione ... esse devono sviluppare tutte le perfezioni... e se non hanno adempiuto a questa condizione durante una vita, devono incominciare una seconda, una terza, fino a quando ... sono atte alla unione con Dio ... " .

H.Ch. Puech, un noto studioso francese, studiò a lungo la dottrina dei manichei e ne riassunse il loro punto di vista sulla rinascita con queste parole: "Se l'uomo riesce a conservare il perfetto distacco dopo la morte, la sua anima raggiungerà definitivamente ... la sua patria luminosa, il regno del Padre... nel caso contrario, a meno che non avesse commesso peccati gravi che lo portano alla dannazione immediata, sarà condannato, come nella concezione indiana, a rinascere o ad essere travasato nei corpi successivi, allo scopo di percorrere altri cicli dolorosi del samsara " .

(cf: Enciclopedia delle Religioni in Italia- LDC)

La concezion filosofica occidentale

Concezione spiritualista o filosofica della reincarnazìone.
Questa concezione nei secoli XVIII e XIX, in Germania, è stata un elemento preso spesso in considerazione, anche se in maniera secondaria, da pensatori attenti alle tradizioni dell'Asia. Gli studi sulla reincarnazione parlano regolarmente di Lessing (1729-1781), il quale nelle ultime pagine della sua Educazione del genere umano vede la reincarnazione come una normale possibilità per andare verso un divenire umano che supera i limiti individuali e che totalizza le sue successive realizzazioni. «Ogni persona, afferma, deve seguire prima o poi il sentiero che porta alla perfezione. Questo può realizzarsi nel corso di un'unica esistenza?... Certamente no - Perché dunque ogni individuo non potrebbe apparire più d'una volta in questo mondo? ». Negli stessi anni, sempre in Germania, Kant (1724-1804) si interessò marginalmente alla reincarnazione in un testo del 1755. Ma nelle sue opere maggiori, Le Critiche, non ne parla. E si deduce sia dalla Critica della ragion pura sia dalla Critica della ragion pratica che Kant considera la stessa anima come una rappresentazione non fondata su una base speculativa. Nel secolo seguente, gli studi sulla reincarnazione accennano ancora a Schopenhauer (1788-1860), il quale ritiene il tema della reincarnazìone come espressivo di una concezione dell'esistenza che cerca di evitare le illusioni su ciò che riguarda Dio, l'aldilà e anche i singoli individui . Nel suo pensiero non c'è traccia di evoluzionismo, a differenza, per esempio, di Lessing. La reincarnazione, di cui Schopenhauer contesta le « assurdità » che spesso l'accompagnano, non è una consolazione per individui angosciati dalla morte, ma piuttosto l'affermazìone simbolica di un'esistenza che ha senso solo sul piano dell'umanità.

Questo spiritualismo filosofico della Germania moderna, ridotto in realtà a pochi dati episodici, non ha quasi riscontro in Francia. Voltaire (1694-1778), nel suo Dictionnaire philosophique, parla della reincarnazione, ma solo a titolo di informazione che relativizza il dogma cristiano e senza reale importanza: « Non è dei tutto naturale che le tantissime metamorfosi di cui la terra è piena abbiano fatto immaginare in Oriente, dove tutto è stato immaginato, che le nostre anime passino da un corpo a un altro? » Per altro verso, in Francia, soprattutto nel XIX secolo, la reincarnazione è stata un tema letterario: Lamartine e Victor Hugo e poi romanzieri come Balzac e Flaubert ne parlano. Ma si tratta di un modo di dire, per quanto suggestivo, e non di una convinzione propriamente detta. Si gioca con la credenza, senza aderire veramente al suo messaggio. Solo Saint-Simon (1760-1825) e i suoi discepoli, in cerca di un nuovo cristianesimo, hanno accordato un qualche valore di riflessione alla reincarnazione, ma in una prospettiva utopica che privilegia l'immaginazione e non la giustificazione'.
Oggigiorno la concezione spiritualista della reincarnazione è essenzialmente legata a sei correnti che potremmo definire esoteriche perché vogliono trasmettere per via di iniziazione conoscenze « segrete » che illuminano il senso della vita e ne orientano la pratica. Per un verso, tali correnti possono anche essere qualificate come occultismo: mentre l'esoterìsmo si attiene a un sapere iniziatico, l'occultismo sottolinea eventuali poteri (chiaroveggenza, influsso a distanza, capacità medianiche) ritenuti anch'essi come riservati agli iniziati.

1- La reincarnazione fa anzitutto parte dell'insieme delle credenze di molti frammassoni, sulla scia del cavaliere di Ranisay (1686-1743), uno scozzese conquistato al cattolicesimo da Fénelon, legato al circolo mistico di Madame Guyon, che cercava di integrare la credenza nella reincarnazione con i dogmi cristiani. In una prospettiva analoga possiamo ricordare l'ordine martinista, istituito nel 1887 da G. Encausse.
2- La reincarnazione è anche una delle credenze del movimento dei Rosacroce (AMORC e Associazione rosacrociana) e di una serie di gruppi esoterici che si rifanno ad esso (per esempio, Nuova Acropoli, Fraternìtà bianca universale)". L'ordine Rosacroce, nato in Germania nel XVIII secolo, non vuole essere una religione. Intende comunicare ai suoi membri un insieme di verità e di poteri che permettono di «rigenerare l'esistenza».
3- La reincarnazione è anche una credenza presente nella cosiddetta teosofia. Si tratta di un esoterismo fondato in Inghilterra alla fine del XIX secolo e che ha due caratteristiche: da una parte lo sforzo di integrare e formulare in forma occidentale le tradizioni spirituali asiatiche, dall'altra un'analisi dei diversi costitutivi dell'essere umano (corpo fisico, corpo astrale, corpo etereo o sottile), nella convinzione che tale analisi possa spiegare i processi della reincarnazione.
4- La reincarnazione è anche una credenza presente nello spiritismo.Tale concezione unisce l'esoterismo (conoscenze misteriose), l'occultismo (ricorso a poteri straordinari, in particolare a quelli dei medium) e infine un gusto molto occidentale di vedere o di verificare « nei fatti » le credenze che si ipotizzano o si adottano.Legata soprattutto ad Allan Kardec, un francese del XIX
secolo (1804-1869), tale dottrina della reincarnazione tiene conto, come la teosofia e l'antroposofia, dei diversi aspetti dell'essere umano. Insiste in particolare sul corpo etereo o sottile che collega il corpo fisico al corpo astrale, lo avvolge al momento della morte e si manifesta di nuovo al momento della reincarnazione .Inoltre, mobilita a favore della reincarnazione alcuni fenomeni di comunicazione con i defunti e alcuni processi di comunicazione tramite medium, che tuttavia non implicano, in quanto tali, questa interpretazione. Da ciò deriva l'ambiguità dello spiritismo.
5-La reincarnazione è anche una credenza presente nella Astrologìa.Si tratta di un tentativo di spiegare il momento delle reincarnazioni attraverso le posizioni dei pianeti: il ritorno di un morto nel mondo presente si effettuerebbe quando si verifica l'accordo tra questa posizione e il tema astrale del defunto. Indipendentemente dall'opinione che si può avere dell'astrologìa, possiamo pensare che questo sforzo per armonizzare reincarnazione e astrologia non dia alcun apporto alla dottrina stessa della reincarnazione, se non forse un « effetto » di verosimiglianza sperimentale che può colpire l'immaginazione (successo del termine «astrale») ma che non implica niente rispetto alla dottrina in questione. In realtà, infatti, non tutti gli astrologi o gli amatori di oroscopi credono alla reincarnazione. Soprattutto, l'astrologia può adattarsi alla reincarnazione, ma non si può dire che ne costituisca assolutamente un fondamento.
6-La reincarnazione è presente anche nella Antroposofia. Una più esigente. Cerca di stabilire un nesso tra l'interpretazione spiritualista di cui abbiamo parlato, soprattutto nella sua forma di teosofia, e alcuni dati antropologici. Si tratta dell'«antroposofia» di Rudolf Steiner (1861-1925). Questa corrente, che ha le sue origini in Germania , assume l'esoterismo della teosofia ma anche l'eredità cristiana. Nello stesso tempo, cerca di fondare su basi sperimentali (escludendo però l'intervento dei medium, come fa la teosofia) una concezione dell'essere umano che lascia spazio a un corpo fisico, a un'anima spirituale (che si reincarna) e infine a uno spirito superindividuale che è metastorico e quindi non più sottoposto al ciclo delle reincarnazioni. Mossa da preoccupazioni pedagogiche e spirituali, la corrente dell'antroposofia ha oggi un soprattutto tra i cultori del mondo delle scienze. Si trova infatti al Punto di convergenza della tradizione esoterica e della scienza moderna. Ma questo tipo di credenza nella reincarnazione solleva due problemi: a) Qual è esattamente il carattere scientifico delle distinzioni antropologiche proposte da Steiner e dai suoi seguaci? b) E, soprattutto, anche I' analisi più acuta dell'essere umano lascia pur sempre la credenza nella reincarnazione nel suo ambito necessariamente non scientifico.

(cf: Enciclopedia delle Religioni in Italia- LDC)



http://www.corsodireligione.it/religioni/pensierorient/reincarnazio_2.htm

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