martedì 10 marzo 2009

VITO MANCUSO COTNRO CORRADO AUGIAS

VITO MANCUSO COTNRO CORRADO AUGIAS
Non sarebbe difficile opporre un sostenuto fuoco di sbarramento all’ultimo libro di Corrado Augias, scritto insieme allo storico Remo Cacitti. Partiamo dall’incipit di Augias:

“Gesù non ha mai detto di voler fondare una religione”. Come spiegare allora il suo ripetuto contrapporre in Matteo 5 “avete inteso che fu detto… ma io vi dico”, laddove il fu detto si riferisce alla religione ebraica e l’io vi dico al suo nuovo insegnamento?

Ancora Augias: “Gesù non ha mai detto di voler fondare una Chiesa”. Come spiegare allora il “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” (Matteo 16,18)?

Ancora: “Mai ha detto di dover morire per sanare con il suo sangue il peccato di Adamo ed Eva”. Come spiegare allora quando dice di “essere venuto per dare la propria vita in riscatto per molti” (Marco 10,45) e quando nell’ultima cena pronuncia sul calice le note parole “questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (Matteo 26,28)?

Ancora: “Mai ha detto di essere unica e indistinta sostanza con suo padre, Dio in persona”. Come spiegare allora “io e il Padre siamo una sola cosa” (Giovanni 10,30) o anche “io sono nel Padre e il Padre è in me” (Giovanni 14,10)?

Ancora: “Gesù non ha mai dato al battesimo un particolare valore”. Come spiegare allora “se uno non è generato da acqua e da spirito non può entrare nel regno di Dio” (Giovanni 3,5)?

Ancora: “Non ha mai istituito una gerarchia ecclesiastica finché fu in vita”. Come spiegare allora la vera e propria struttura piramidale data da folla, 72 discepoli, 12 apostoli, 3 apostoli più vicini (Pietro, Giacomo, Giovanni), infine il solo Pietro (“a te darò le chiavi del regno dei cieli”, da cui la popolare immagine di san Pietro portinaio del paradiso)?

Ancora: “Mai ha parlato di precetti, norme”. Come spiegare allora il testo menzionato dallo stesso Augias “non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge e i Profeti, non sono venuto ad abolire ma a dare compimento”, che poi continua: “Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, sarà considerato minimo nel regno dei cieli” (Matteo 5,17 e 19)?

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Un tale fuoco di sbarramento, prodotto qui per le prime dieci righe di Augias (a parte l’affermazione “non ha mai detto di essere nato da una vergine che lo aveva concepito per intervento di un dio”, cui è obiettivamente impossibile contrapporre una frase di Gesù o a lui attribuita), potrebbe continuare per i testi di Cacitti. Due esempi al riguardo: 1) non è vero quanto affermato a pag. 213, cioè che “nei lezionari il testo dell’Apocalisse di Giovanni non compare mai”, si veda come esempio del contrario la prima lettura della messa di Tutti i Santi; 2) è altrettanto inesatto dire che il documento del Vaticano II che apre alla libertà religiosa sia la Nostra aetate, come si legge a pag. 246, perché il documento conciliare al proposito è la Dignitatis humanae (la Nostra aetate si occupa delle religioni non cristiane, come mostra di sapere bene Augias nell’intervento successivo). Sono due piccole inesattezze che a mio avviso svelano una determinata impostazione concettuale, quale si riflette sia nella valutazione dell’apocalittica (la cui scomparsa per Cacitti è un male da attribuire alla Chiesa post-costantiniana) sia nella valutazione dell’attuale pontificato, interpretato come “restaurazione confessionale” che minaccia la libertà religiosa (si può essere d’accordo su qualche aspetto di restaurazione, ma non si può onestamente negare a Benedetto XVI una continua e decisa azione a favore della libertà religiosa).

Tale fuoco di sbarramento però lo ritengo un’operazione sostanzialmente inutile, che non farebbe che riproporre uno scontro che dura da tempo senza che il pensiero proceda anche solo di un po’. Dietro le affermazioni di Augias riportate sopra vi sono infatti decenni di studi e di pubblicazioni specialistiche nel campo biblico, che Augias divulga con l’efficacia a tutti nota. Non è lui, sono autorevoli esegeti e teologi a sostenere che Gesù non volle fondare una nuova religione, né una Chiesa, né una morale, né una liturgia, e a separare nettamente sulla base di accurati studi il “Gesù della storia” (Yehoshua ben Yosef) dal “Cristo della fede” (la seconda persona della Trinità), ritenendo quest’ultimo una costruzione successiva, e illegittima, della Chiesa. È la medesima prospettiva sostenuta da Remo Cacitti: “Condivido la tesi che Gesù non avesse intenzione di fondare una Chiesa, tanto meno una religione diversa dal giudaismo da lui professato” (pag. 152), sicché “Paolo può essere considerato il vero fondatore del cristianesimo” (pag. 46). Il che significa che ovviamente non sarebbe difficile, per Augias, Cacitti e in genere i sostenitori della prospettiva che io chiamo “separazionista”, contrapporre ai testi da me citati sopra (ritenuti tardive aggiunte della comunità) altri testi evangelici considerati ben più originari, i soli autentici ipsissima verba Jesu. Questo è lo stato dell’arte, e non c’è nessuna possibilità di chiarirsi veramente le idee se si rimane al livello della critica storica e letteraria: tra le migliaia di versetti biblici ciascuno si sceglie quelli che più gli fanno comodo e li interpreta in conformità alle sue tesi. La frammentazione odierna del mondo protestante, di quel cristianesimo che a partire da Lutero ha voluto basarsi sulla sola Scrittura, è sotto gli occhi di tutti a palese dimostrazione dell’incapacità della Bibbia di produrre interpretazioni unitarie e unificanti.

In questa prospettiva il mio vero disaccordo con Augias, per stare sempre alla prima efficacissima pagina del libro, consiste nel fatto che ha presentato le sue affermazioni su Gesù come “incontestabili verità”, mentre si tratta solo di tesi certamente documentate ma quanto mai contestabili, e in effetti contestate da parte di esegeti e teologi autorevoli tanto quanto lo sono quelli sui quali Augias basa le sue argomentazioni. E sempre a proposito di forzature, mi sembra che siano definibili come tali anche le parole che Cacitti riserva al libro su Gesù di Joseph Ratzinger, dove si sostiene ovviamente la piena corrispondenza tra il Gesù della storia e il Cristo della fede. Di tale libro infatti Cacitti afferma che “basta leggerne l’introduzione” per capire che “l’obiettivo dichiarato del saggio è di tornare molto indietro, a prima degli studi storico-critici su Gesù”, per poi liquidarlo come “un esercizio mistico o forse spiritualistico” (pag. 39). Mi permetto di osservare, per amore di verità e senza il minimo desiderio di far parte della folta schiera degli apologeti di palazzo, due cose: 1) che l’obiettivo del testo papale non è tornare indietro ma procedere oltre gli studi storico-critici, avendo preso atto dell’impasse a cui ha condotto l’analitica ricerca storico-critica, cioè a quella “discussione continua e senza fine della storia delle tradizioni e delle redazioni” di cui parla uno dei più importanti esegeti del ‘900, Rudolf Schnackenburg, e di cui il conflitto di testi biblici presentato sopra è un piccolissimo saggio; 2) che come la storiografia ha un suo statuto epistemologico che va capito e rispettato, allo stesso modo ce l’ha la teologia cui il lavoro di Joseph Ratzinger appartiene, che non è serio definire “esercizio mistico o forse spiritualistico”. Sono cose del resto che lo stesso Cacitti dimostra di sapere bene, come quando a pag. 33 riconosce che vi sono esperienze non misurabili storicamente senza che ciò significhi “che esse non abbiano consistenza” perché “ce l’hanno su un altro piano”. Ma allora perché denigrare questo “altro piano” come “spiritualistico” qualche pagina dopo? Solo perché si tratta del libro di un papa che Cacitti dimostra di non amare particolarmente?



http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/09/18/cristo-e-maggiore-di-gesu-di-vito-mancuso/

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Inchiesta sul Cristianesimo. Come si costruisce una religione di Corrado Augias e Remo Cacitti
Premessa

CHE COSA GESÙ NON HA DETTO

Gesù non ha mai detto di voler fondare una religione, una Chiesa, che portassero il suo nome; mai ha detto di dover morire per sanare con il suo sangue il peccato di Adamo ed Eva, per ristabilire cioè l'alleanza fra Dio e gli uomini; non ha mai detto di essere nato da una vergine che lo aveva concepito per intervento di un dio; mai ha detto di essere unica e indistinta sostanza con suo padre, Dio in persona, e con una vaga entità immateriale denominata Spirito.
Gesù non ha mai dato al battesimo un particolare valore; non ha istituito alcuna gerarchia ecclesiastica finché fu in vita; mai ha parlato di precetti, norme, cariche, vestimenti, ordini di successione, liturgie, formule; mai ha pensato di creare una sterminata falange di santi. Non è stato lui a chiedere che alcuni testi, i vangeli, riferissero i suoi discorsi e le sue azioni, né ha mai scritto personalmente alcunché, salvo poche parole vergate col dito nella polvere. Gesù era un ebreo, e lo è rimasto sempre; sia quando, in Matteo 5,17, ha detto: «Non pensiate che io sia venuto ad abolire la Legge o i profeti; non sono venuto per abolire ma per dare compimento»; sia quando, sul punto ormai di spirare, ha ripetuto l'attacco straziante del Salmo 22: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Davanti a queste incontestabili verità sorge con forza la do manda, la curiosità di sapere: ma allora com'è nato il cristianesimo? Chi e quando ne ha stabilito norme e procedure, riti e dogmi? Gesù non ha mai pensato di rendere obbligatori un comportamento o una verità certificati per decreto. Ha esortato, ha pregato, ha dato l'esempio. Soprattutto, nulla era più lontano da lui di una congerie di leggi, un'organizzazione monarchica, uno Stato sovrano dotato di territorio, moneta, esercito, polizia e giurisdizione, sia pure ridotti - ma solo dopo aspre lotte - a dimensioni simboliche. Torna di nuovo la domanda: ma allora chi ha elaborato tutto questo? perché? quando?
La vicenda del cristianesimo, ricostruita nel suo effettivo svolgimento secondo le leggi della ricerca storica e non della teologia, rappresenta una complessa avventura umana ricca di drammi, di contrasti, di correnti d'opinione che si sono scontrate sui piani più diversi: la dialettica, l'invenzione ingegnosa, la ricostruzione ipotetica di eventi sconosciuti a costo di affrontare i più inverosimili paradossi; l'amore per gli uomini, certo, nella convinzione di fare il loro bene, ma anche gli interessi politici, gli arbitrii e gli inganni; non di rado l'opposi¬zione al mutamento spinta fino allo spargimento di sangue.
In breve: se si esaminano i fatti con la sola ottica della storia, nulla distingue la lenta e contrastata nascita di questa religione da quella di un qualsiasi altro movimento in grado di smuovere coscienze e interessi, di coinvolgere la società nel suo insieme e le singole persone che nella e della società vivono. Sigmund Freud ha scritto nel suo L'avvenire di un'illusione: «Dove sono coinvolte questioni religiose, gli uomini si rendono colpevoli di ogni sorta di disonestà e di illecito intellettuale». Forse l'espressione è eccessiva, nel senso che non sempre e non per tutti è stato così. E, se di disonestà si può parlare, si è spesso trattato di una «disonestà» particolare, concepita cioè per offrire agli esseri umani una consolazione che la vita raramente concede. Di sicuro, però, è vero il reciproco della frase di Freud e cioè che la ricerca storico-scientifica, condotta con criteri rigorosi, obbedendo solo alla propria deontologia, esclude ogni «disonestà», il suo fine essendo di arrivare a risultati certi. Momentaneamente certi, aggiungo. Certi, cioè, fino a quando altre ricerche, altre scoperte, altri documenti falsificheranno quei risultati per proporne di nuovi.

© 2008, Mondadori

Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione – Corrado Augias, Remo Cacitti
276 pag., 18,50 € – Edizioni Mondadori 2008

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