venerdì 6 marzo 2009

PER CERTI ERETICI ANGLICANI GESU' ERA UN RAZZISTA PENTITO

CENTRO ANTI-BLASFEMIA

PER CERTI ERETICI ANGLICANI GESU' ERA UN RAZZISTA PENTITO

3/3/2009

Gesù era un razzista? (Pentito...).




Un depliant sulla Quaresima della Chiesa Anglicana del Canada lancia l'ipotesi, legandola all'episodio della donna cananea.


Gesù era un razzista “convertito”? E’ quello che si potrebbe dedurre da un depliant, stampato apposta per la Quaresima 2009, dalla Chiesa anglicana del Canada (ACoC) per offire spunti di meditazione ai suoi fedeli. Il documento parte da un brano, Matteo 15, in cui si vede Gesù che dialoga con una donna cananea. Secondo l’AcoC, “questa non è una storia per la gente che ha bisogno di pensare che Gesù h sempre avuto con sé tutto, perché sembra che lo abbiamo colto in un momneto in cui è stato cattivo con una donna a causa della sua etnia”. Il testo, nella nostra traduzione, e che è erroneamente definito come Matteo 14, dice: “una donna cacanea venne e cominciò a gridare ‘Abbia pietà di me, Signore, Figlio di Davide; mia glia è tormentata da un demonio’. Egli rispose: ‘Io sono stato mandato solo alle pecore perute della casa di Israele’. Ma ella si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui, dicendo: ‘Signore, aiutami’. Egli rispose: ‘Non è giusto prendere il cibo dei figli e gettarlo ai cani’. Ella replicò: ‘Sì, Signore, ma anche cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola del loro padrone’”. Il depliant nella meditazione sul passaggio dice di Cristo: “Dapprima, ignora il suo pianto. Poi si rifiuta di aiutarla e paragona il suo popolo ai cani”. E continua così: “Ma lei sfida i suoi pregiudizi. Lui ascolta la sua sfida, e cresce affrontandola. Finisce con l’aiutare sua figlia. Quello che forse abbiamo qui è un momento importante di auto-scoperta nella vita di Gesù, un ampliamento di quello che significava essere ciò che era. Forse stiamo vedendo Gesù capire la sua universalità per la prima volta”. Gli anglicani più tradizionali però non hanno accolto il suggerimento contenuto nel depliant sulla possibilità che Gesù fosse un razzista pentito, i cui pregiudizi erano sfidati, e vinti dalla donna cananea. Il vescovo Carl Reid, leader di un’ala anglicana che si è staccata dall’ACoC circa trent’anni fa sostiene che la parola tradotta con “cani” in realtà in greco ha il significato di “cuccioli”, quelli che in inglese definiscono i “pets” gli animali di compagnia che si tengono in casa. E di conseguenza la donna cananea non avrebbe recepito come un insulto la frase. E fa notare che il depliant omette la frase che da sempre è stata considerata centrale nel testo: “O donna, grande è la tua fede. Sia fatto come desideri, e sua figlia guarì in quel momento”. Una frase importante, perché la fede della cananea sarebbe stata di esempio a Farisei presenti alla scena. L’ACoC in tempi recenti è stata oggetto di controversie al suo interno, per aver cercato di convincere i suoi sacerdoti a benedire unioni omosessuali e per altre posizioni che son parse allontanarsi dalla dottrina cristiana tradizionale.







http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=317&ID_sezione=396&sezione=

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GESU' NON ERA UN RAZZISTA PENTITO


GESU' E LA DONNA CANANEA
Vedi letture evangeliche Mc.7,24-36 e Mt.15,21-28

La donna di cui si parla, siro-fenicia o Cananea, è una pagana. La zona di Tiro e Sidone era situata a nord-ovest della Galilea e i suoi abitanti adoravano i Baal e le Ashere. Questi erano culti caratterizzati fra l’altro dai riti di fertilità, in genere di carattere sessuale orgiastico e promiscuo. Questi riti idolatrici, lo sappiamo dall’A.T., attiravano spesso anche gli Ebrei, suscitando lo sdegno e la denuncia dei Profeti (maggior approfondimento dal capitolo “Conquista della terra di Canaan, da “Storia del popolo ebraico”).

Ecco perché i residenti di queste zone erano malvisti, e in Israele la loro cattiva fama aveva un carattere insieme religioso e morale. Come i Samaritani, seppure ritenuti etnicamente bastardi ed eretici in merito al culto, erano almeno in parte d’ascendenza ebraica, innestati sulla comune eredità mosaica. I Cananei al contrario erano i nemici tradizionali contro cui il popolo ebraico aveva dovuto combattere strenuamente per stabilirsi nella terra promessa e la cui religione rappresentava una minaccia costante per la purezza della religiosità israeliana.

Nel racconto poi si tratta di una donna, quindi doppiamente diversa, contaminata ed emarginata. Di una donna che importuna Gesù e i discepoli, rivolgendogli la parola in pubblico. La prospettiva della narrazione sta precisamente nell’incontro e nel dialogo di Gesù con la donna.

La donna non è soltanto una madre pagana che cerca di strappare un miracolo al taumaturgo giudeo di cui ha sentito meraviglie e che ha sconfinato, ma è la rappresentante della comunità dei pagani venuti alla fede. Per questo la risposta ultima di Gesù è il dono della salvezza, la guarigione della figlia, come primizia della salvezza per mezzo della fede.

La Cananea urla la sua supplica, ma Gesù, non le rivolge nemmeno una parola. E a prima vista può apparire sconcertante e sconvolgente il comportamento di Gesù. Ma poi cerca di spiegarle il motivo del suo rifiuto con un linguaggio semplice e ricco d’immagini: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. Secondo l’A.T. “i figli” sono i giudei”, “i cagnolini” sono i pagani. La Cananea insiste e replica prendendo spunto proprio dall’immagine usata da Gesù. Gli dice: “Anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”.

Con queste parole la donna pagana chiede, in pratica, di partecipare permanentemente ai beni della salvezza messianica, anche se in un modo limitato, un poco emarginante, raccattando solo le briciole che cadono dalla tavola dei cristiani che, a pieno titolo, possono vivere in comunione con Cristo.

Ma è proprio questo atteggiamento di totale fiducia e povertà e aridità spirituale che spinge Gesù ad inserire totalmente la donna Cananea nel piano della salvezza cristiana: “Donna davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”.
In pratica Gesù stabilisce che al banchetto messianico della comunità cristiana che è rinnovato nella Mensa Eucaristica, può partecipare anche un pagano che abbia fede (conversione). Anche su questo particolare problema (che Gesù ha risolto), di là della sua importanza storica, può apparire irrilevante per l’esperienza attuale dei credenti, non per questo è privo di significato, ma anzi diventa fondamentale con l’espandersi dei popoli di nazionalità diversa.

Il rischio del razzismo religioso è una tentazione permanente, poiché è la giustificazione religiosa delle divisioni culturali e della stratificazione di potere. Gesù ha cancellato anche questo. Egli non ha fondato la sua Chiesa solo per i giudei, la donna Cananea, simbolo dei pagani, ora può entrare nella Chiesa e beneficiare dei doni del Messia.

L’insegnamento di Gesù, cosa ci comunica?

La Chiesa di Gesù è anche per gli orientali che vivono tra noi, che appartengono a religioni non cristiane. Siamo cristiani di vecchia data: battezzati, cresimati e comunicati perché così vuole la nostra tradizione. Tuttavia questi “titoli” tradizionali non valgono nulla se li abbiamo ridotti ad abitudini senza fede. E’ la fede che ci introduce in Cristo e che ci fa vivere la grazia di salvezza che >Egli effonde nel popolo di Dio Padre.

La fede sincera, fresca ed entusiasta, è il titolo fondamentale e unico per l’appartenenza alla comunità salvifica. E la fede è la possibilità offerta ad ogni uomo di vivere in libertà davanti a Dio.
Oggi viviamo nuove tematiche, sia noi sia la Chiesa, che in realtà sono antiche quanto il mondo. Per questo il vangelo è sempre Parola Viva e guida sicura per risposte secondo Gesù Cristo a situazioni nelle quali ci troviamo immersi.

Amen! Alleluia! Amen!





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http://www.adonaj.net/old/parabole/gesudonn.htm



GESU' E LA DONNA CANANEA
(Matteo 15, 21-28; Marco 7, 24-30)
Gesù, accompagnato dai suoi apostoli e da alcuni discepoli, si allontana da Cafarnao e si dirige verso la Fenicia, cioè lungo la costa del Mediterraneo verso Tiro e Sidone.
Sebbene per giungervi ci volessero due giorni di cammino, Gesù non si lascia intimorire. Desiderava visitare quelle popolazioni e annunziare loro il Regno di Dio, sapendo che esse conoscevano la fama che lo circondava e che molti abitanti di Tiro e Sidone, come riferisce Luca (6, 17), avevano assistito al suo Sermone del Monte.
La piccola carovana non aveva ancora oltrepassato la frontiera e si trovava in un villaggio dell'alta Galilea, quando una donna fenicia, e quindi pagana, si avvicinò al gruppo, mostrando chiaramente che una dolorosa preoccupazione le serrava il cuore. I suoi lineamenti erano tesi, il viso pallido e magro, gli occhi rossi per le lacrime versate e che ancora versava.
Camminando a passi rapidi, senza preoccuparsi degli uomini e delle cose che l'attorniavano, si avvicinò a Gesù e gridò: «Abbi pietà di me, Signore, figliuolo di Davide, la mia figliuola è gravemente tormentata da un demonio».
Fu una preghiera che certamente le uscì dal profondo del cuore e perciò piena di tanto amore materno. Tutte le sofferenze della sua figliuola le sentiva nel suo cuore e l'amore materno ne aumentava l'angoscia e l'amarezza. Era per la figlia, e non per lei, che chiedeva a Gesù il suo intervento taumaturgico. Eppure Gesù sembrò non fare attenzione alla povera donna: non una parola, non uno sguardo. La donna senza scoraggiarsi ripetè in grido angoscioso: « Abbi pietà di me, Signore, abbi pietà di me!».
Gesù resta ancora freddo, impassibile, continuando a camminare e a discorrere coi discepoli, mentre l'infelice madre continua a dire: «Pietà, Signore! Abbi pietà di me!».
I discepoli si meravigliavano. Mai il Signore aveva respinta l'umile preghiera di un'anima affranta dal dolore; sempre gli è bastata una parola, una lacrima per aprire il suo cuore e farne uscire sprazzi di amore e di compassione.
Impazienti perciò i discepoli gli dicono: «Licenzia questa donna, perché continua a seguirci, gridando». E Gesù rispose loro: « Io sono stato mandato alle pecorelle perdute della casa d'Israele ».


La missione di Gesù, Figlio di Dio, incarnato, comprendeva infatti due parti: annunziare dapprima il Vangelo ai Giudei, come figli prediletti della promessa divina, e poi ai pagani di tutto il mondo.


La prima parte doveva compierla Egli stesso come segno di predilezione divina per il popolo ebraico., che Dio si era scelto come Suo popolo e che aveva fatto erede della promessa messianica e depositario di tutti i tipi, figure e profezie dell'Antico Testamento, che riguardavano proprio la sua natura, missione e opera.


Era questo un atto di delicata predilezione divina bei riguardi di un popolo di "collo duro" perché non si suscitassero tra esso gelosie e rancori.
La seconda parte della sua opera Gesù l'avrebbe affidata agli apostoli.
Il silenzio del Salvatore verso la donna era scoraggiante, e la risposta, data ai discepoli, ancora di più. La donna fenicia comprese che cosa voleva intendere Gesù, ma come tutte le madri afflitte, non si lasciò sopraffare dalla disperazione.
Intanto Gesù e i suoi discepoli entrano in una casa. La donna li segue e, avanzando arditamente, giunge vicina a Gesù. Quindi cadendo ai suoi piedi, gli dice disperata tra i singhiozzi: « Signore, aiutami!».
Finalmente Gesù le parla e le sue parole suonano tanto duro da apparire crudeli. Usando una frase comune allora sulla bocca degli ebrei, che denotava il profondo disprezzo che essi avevano per i pagani da loro chiamati con l'epiteto di "cani", mentre essi si consideravano "figli di Dio", disse alla donna: « Non è bene prendere il pane dei figliuoli per buttarlo ai cagnolini ».
Se la donna non fosse stata una madre, che pregava per la guarigione di sua figlia, certamente si sarebbe ribellata, anche se Gesù aveva cercato di addolcire l'espressione mediante un diminutivo, per renderla meno offensiva.
Ma ella è madre che sa il male della figlia e tutto il suo dolore. Perciò nel suo cuore materno trova una risposta sublime, stupefacente per fede, per umiltà, per delicatezza, e, diciamo pure, per astuzia: «E' vero, Signore, ma sotto la tavola i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni!», trasformando così in motivo di esaudimento lo stesso motivo di rifiuto addotto dal Signore.
In altre parole, la donna volle dire a Gesù: è vero, Signore, che gli Israeliti sono vostri figli, mentre io, povera pagana, sono un'estranea, per cui il mio posto nel vostro regno è lo stesso che i cani hanno nella casa dei loro padroni.
Ma io non vi domanda di essere trattata come una figlia, bensì come un cagnolino che sotto la mensa del padrone mangia le briciole che cadono senza che sia degnato di uno sguardo e senza che nessuno dei convitati sia privato di un solo pezzettino del cibo posto sulla mensa.
Trattate così anche la mia figliuola. Non vi chiedo di togliere un pezzo dei vostri miracolosi prodigi che fate a bene dei figli d'Israele si che essi ne restino privi, vi chiedo solo di dare alla mia figliuola una briciola soltanto dell'abbondanza dei vostri miracoli e benefici. Con essa non avrete tolto ai vostri figli d'Israele né un favore né una grazia.
Gesù restò sorpreso, commosso e conquiso dalla risposta così piena di fiducia di quella donna, e guardandola, ammirato, le rispose: «O donna, quanto è grande la tua fede! In ricompensa delle tue parole sia fatto come tu hai domandato. Va, il demonio è uscito dal corpo di tua figlia ».
Questo miracolo fu la ricompensa alla grande fede della donna sulla potenza e alla sua grande fiducia nella bontà di Gesù, due virtù sbocciate sulla radice della sua umiltà come due fiori su un solo gambo.
Sovente noi ci lagniamo che le nostre preghiere non sono esaudite e gettiamo su Dio la colpa dell'apparente o reale loro inefficacia. Non sarebbe, invece, più giusto e più vero attribuire a noi stessi, alla nostra poca confidenza, alla debolezza della nostra fede; al nostro amor proprio, alla nostra immortificazione, al nostro scoraggiamento se la risposta alla grazia chiesta si fa attendere?
L'efficacia della preghiera è una questione complessa, difficile, ma a spiegare il poco frutto che talvolta ricaviamo da essa sono sufficiente le imperfezioni con cui la facciamo. Dio ci esaudisce sempre, quando lo preghiamo come si conviene. Se Egli rifiuta dei favori temporali, spesso da noi desiderati con più intenso ardore che prudenza, la Sua bontà li sostituisce con grazie migliori e più utili per noi.



http://www.chiesadicristo-padova.it/gesu52.htm



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