domenica 8 febbraio 2009

LE BESTEMMIE DEL REVERENDO WILLIAM E.ALBERTS

Gesù, un ribelle politico?
Rev. William E. Alberts (Counterpunch)
'La religione è liberare i popoli, non imporre loro credenze settarie o politiche; è onorarli e vivere la loro realtà, non interpretarla. L'amministrazione Bush non sta diffondendo libertà'
La vera cospirazione attorno alla figura di Gesù non riguarda l’occultamento del suo matrimonio con Maria Maddalena, bensì la sua teologica trasformazione in “sposo” della Chiesa cristiana (Marco 2: 18-22). Gesù era ebreo, non cristiano. La sua morte non è avvenuta per fare sì che tutti i credenti potessero ricevere vita eterna, ma per liberare gli ebrei dall’occupazione di Roma nella sua terra. La sua crocifissione non ha significato la resurrezione dei morti, piuttosto la rianimazione dei vivi. Il suo sacrificio non ha riguardato paradiso o inferno per tutti coloro che verranno, ma liberazione e rinascita per il popolo ebreo in questa vita. Il grande complotto sta nel fatto che l’antica Chiesa cristiana ha trasformato il modello di liberazione di Gesù da uno stato oppressivo ad una condizione che si conformasse allo Stato.

È meno rischioso oggi rispetto al passato credere che Gesù sia morto per i peccati del mondo piuttosto che unirsi nel cercare di liberare lo stesso mondo dai peccati politici, corporativi e militari che negano agli individui il proprio diritto alla libertà e al benessere. È meno rischioso perché molte confessioni cristiane hanno permesso a se stesse di essere integrate, "benedette" ed elette dallo status quo dominante. Il vero inganno di cui si è resa protagonista la cristianità tradizionale è l’aver reinterpretato la salvezza come questione individuale, lontano dalle realtà istituzionalizzate politiche ed economiche che determinano in larga misura chi, usando le parole del Vangelo di Gesù, potrebbe realmente "avere la vita, e averla in abbondanza” (Giovanni 10:10).

Ironicamente, lo stesso Gesù sembra rappresentare la più grande minaccia per le Chiese cristiane: in particolare, il suo “pericoloso” modello di intervento – il dire la verità alle strutture di potere ed esprimere ciò attraverso i fatti – nell’esclusivo interesse delle persone oppresse. Questo rischio sembra in parte stare alla base della più ingannevole cospirazione perpetrata dalla cristianità istituzionalizzata: ovvero, consacrare Gesù allo scopo di paralizzare il suo pericoloso modello di liberazione. Trasformare la sua croce in un’effigie da venerare annulla la minaccia che la croce stessa pone come modello. Un’indiretta identificazione con la sua lotta potrebbe essere sostituita da un coinvolgimento in attuali lotte etiche simili dei nostri giorni. Qui il potere sta nella preghiera. L’imponenza nella statua. Il diritto nel rito.

La richiesta personale del salvare la propria anima per l’eternità sostituisce il più altruista e impegnativo dei comandamenti, quello dell’amare il prossimo tuo come te stesso. Un principio di redenzione personale potrebbe anche impedire di capire come le proprie benedizioni istituzionalizzate possano diventare una maledizione lanciata da qualcuno a spese di qualcun’altro.

Un ulteriore “rischio” per il prossimo sta nel fatto che un unico vero e solo salvatore del mondo attrae le persone insicure. Il bisogno di queste ultime di assoluta certezza e rettitudine, e la loro intolleranza verso l’ambiguità, le differenze e la complessità, incoraggia e razionalizza il potere sugli altri e la dominazione degli stessi. Si è venuta a creare un’altra cospirazione: l’oppressione del proprio prossimo in nome della stessa persona la cui missione era quella di liberare un popolo. Tali cospirazioni, tutte, dipendono da come viene riscritta la storia.

La necessità tipica degli antichi cristiani di trascendere la realtà della croce li ha evidentemente portati a cancellare la storia. La realtà storica è che gli ebrei hanno subìto una brutale oppressione sotto l’occupazione romana, e che Gesù era semplicemente uno dei tanti profeti messianici crocifisso secondo lo stile dell’impero per ragioni di insurrezione politica. La sua morte non è avvenuta per fare in modo che tutti i credenti potessero ereditare vita eterna, ma per liberare gli ebrei dall’occupazione di Roma nella proprie terre – che aveva violato la loro sovranità nazionale, occupato il loro paese e crocifisso migliaia di ebrei "rivoltosi” e astanti. Il credere nel Messia si fondava non in paradiso, ma sulla terra: sovranità nazionale, libertà e pace.

Da quel che si dice, Gesù considerava la sua come una missione caratterizzata da una dimensione politica fondamentale. Era "consacrato… per annunziare ai poveri un lieto messaggio… [e] per rimettere in libertà gli oppressi" (Luca 4:18). Come Paula Fredriksen, storica del Nuovo Testamento, scrive nel suo From Jesus to Christ (lett. “da Gesù a Cristo” – NdT), Gesù ha condiviso un primo secolo di consenso ebreo "su ciò che era religiosamente importante: il popolo, la Terra, Gerusalemme, il Tempio e la Torah … La situazione politica era di interesse religioso perché", come la Fredriksen ha ripetutamente notato, “il Giudaismo non tracciò una distinzione tra le due sfere: una forza di occupazione idolatra ha posto un problema religioso"1.

Il potere di occupazione di Roma, a sua volta, vedeva Gesù come un problema politico, e prontamente l’ha crocifisso dopo la sua "trionfante" entrata in stile messianico a Gerusalemme in occasione della Pasqua ebraica. Un’iscrizione venne posta sulla sua testa: "Questi è il re dei Giudei” (Luca 23:38). La missione di Gesù era quella di conferire potere al popolo, non imporglielo – un altro aspetto etico del suo modello stravolto nei secoli dai costruttori del regno cristiano evangelico. Assieme ai propri discendenti, questi hanno dichiarato di rispondere alla chiamata di un Cristo risorto, un Gesù risorto che apparve agli undici discepoli e disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Matteo 28: 16-20). Non importa che la Santa Trinità di Padre, Figlio e Spirito Santo corrisponda a una formulazione cristologica dell’antica Chiesa cristiana creata molto dopo che Gesù e i suoi discepoli erano vissuti.

Gli antichi cristiani hanno stravolto la storia per porre un Gesù risorto sui propri piedi – e dargli delle gambe. L’hanno trasferito da un regno politico ad uno teologico per sopravvivere e prosperare nel mondo romano.

Gli ebrei credevano in un Messia vivente e non risorto. Il vero Messia li avrebbe salvati dalla dominazione romana, avrebbe ristabilito la loro sovranità nazionale e la loro libertà. Quindi, per la maggior parte degli ebrei, qualsiasi fede in Gesù come Messia é venuta meno dopo che la loro oppressione è andata avanti negli anni dopo la sua crocifissione. La loro continua lotta contro l’occupazione di Roma si conclude con una violenta insurrezione tra il 61 e il 73, una rivolta che ha visto Roma distruggere Gerusalemme, massacrare più di un milione di ebrei e schiavizzare e imprigionare decine di migliaia di persone. (Christians and Anti-Semitism: A Calendar of Jewish Persecution).

Gli antichi seguaci di Gesù hanno trovato più sicuro dissociarsi dai disprezzati ebrei e perseguitati dai romani. Meno rischioso reinterpretare la messianicità di Gesù in termini teologici ed evangelici anziché in quelli politici ed istituzionali. Meno rischioso appellarsi ai pagani, dato che la sopravvivenza degli antichi seguaci fa scorta della diffusione di un Vangelo cristiano ai romani, il Vangelo di un Messia risorto e salvatore del mondo, la cui resurrezione miracolosa prova, piuttosto che negare, il suo essere il Messia e il solo Figlio di Dio. Pertanto, i suoi seguaci abbracciano l’unica vera religione nel palmo della propria fede.

La conversione di Gesù da ebreo a cristiano è vista nel suo dissociarsi dal Giudaismo e accogliere le preghiere dei romani. Questa distorsione della realtà storica coinvolge anche l’attribuire la colpa della crocifissione di Gesù agli ebrei, anziché ai romani. L’anti-semitismo nel Nuovo Testamento è visto nell’ipotetico crudele prefetto romano Ponzio Pilato, angosciosamente solidale ad un sedicente liberatore degli ebrei dalla confessione romana, e nell’atto drammatico di Pilato di lavarsi le mani della responsabilità per la morte di Gesù – anche se era egli stesso ad avere il potere di vita e di morte su quest’ultimo (Giovanni 19:10).

La distorsione della realtà storica è anche riscontrabile nel fatto che gli ebrei sono etichettati come “assassini di Cristo". Una "moltitudine, eppure insicura, Pilato che cede al "volere" di sacerdoti soggiogati e impotenti, ufficiali religiosi del popolo ed altri ebrei che ripetutamente gridano: "Crocifiggetelo!" (Marco 15: 12-16). Dipingere l’Impero Romano in maniera così positiva nei libri del Nuovo Testamento, scritti dai 50 ai 100 anni dopo l’episodio, può aver favorito l’evangelizzazione dei romani da parte degli antichi seguaci di Gesù, ma ha gettato un tremendo anatema sul popolo ebreo. Così nelle bocche dei loro discendenti oppressi: "Il suo [di Gesù] sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli" (Matteo 27:25).

Circa 300 anni più tardi, l’evidente conversione dell’Imperatore Romano Costantino ha portato la Cristianità non solo ad essere riconosciuta, ma anche a godere dei favori dello Stato. Alla fine, la persecuzione e il martirio dei cristiani è cessato, ma non quello degli ebrei. La costante oppressione di questi ultimi è suggerita dal fatto che Costantino abbia sostenuto la separazione della Pasqua cristiana da quella ebraica. Egli definì gli ebrei "totalmente depravati" e "assassini di nostro Signore", e ha scritto: "È sembrato indegno che nella celebrazione di questa festa, tra le più solenni, dovessimo seguire il rito degli ebrei, che si sono empiamente sporcati le mani con enormi peccati e sono, quindi, meritatamente afflitti da cecità d’animo… cerchiamo di non avere nulla in comune con la detestabile folla ebrea poiché abbiamo ricevuto dal nostro Salvatore una strada diversa (Eusebio, Vita di Costantino, Vol. III Capitolo XVIII [1]) (Constantine 1 (emperor) – Wikipedia, the free encyclopedia).

"Abbiamo ricevuto dal nostro Salvatore una strada diversa?" Da ebreo liberatore a cristiano salvatore. I cristiani oppressi sono stati legittimati ed accettati dallo Stato, e, nel nome di Gesù, si sono uniti allo Stato nell’opprimere gli stessi discendenti di coloro che Gesù ha cercato di liberare dallo Stato. Questa è la cospirazione che è tutt’oggi in atto.

L’attuale controparte è facilmente riconoscibile nel “cristiano” dichiaratosi tale, colui che ha manipolato la propria strada all’interno della Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti George Bush ha usato anche la religione per mascherare e giustificare l’invasione e l’occupazione criminale dell’Iraq. "La libertà non è il regalo dell’America al mondo, è il regalo di Dio a ogni uomo e donna nel mondo”, ha dichiarato Bush tra gli applausi dei delegati repubblicani nel corso della national convention del 2004 (The New York Times, 3 sett. 2004).

La guerra preventiva contro l’Iraq da parte dell’amministrazione Bush non riguarda "Dio" e la "libertà", riguarda le menzogne. Le chimeriche minacciose armi di distruzione di massa irachene a guisa di fungo atomico; gli inesistenti legami di Saddam Hussein con gli orribili attacchi dell’11 settembre; "combattere i terroristi in Iraq in modo da non doverli combattere qui" – i cosiddetti "terroristi" che prima non esistevano ma ora sì, a causa dell’aggressione militare dell’amministrazione Bush contro l’Iraq.

L’amministrazione Bush non sta diffondendo "libertà", ma imperialismo americano; non si tratta di "Dio" che "consacra il popolo iracheno con "l’olio di esultanza" (Lettera agli Ebrei 1:96), ma di conquistare il controllo del petrolio sul suolo iracheno; non si tratta di ricostruire l’Iraq, ma di riempire le casse di tutte le “Halliburton”2 dell’amministrazione. La grande cospirazione contro il popolo americano è che l’amministrazione Bush ha reinterpretato i propri crimini di guerra contro la popolazione irachena come un atto di "Dio".

La cospirazione alla base della guerra criminale dell’amministrazione Bush contro l’Iraq e l’occupazione di questo paese hanno raggiunto un livello persino più menzognero. Recentemente si è fatto luce sull’occultamento della deliberata uccisione di 24 civili iracheni – uomini, donne e bambini – avvenuta lo scorso 19 novembre, nella cittadina di Haditha, da parte di marines statunitensi. Il massacro di Haditha è chiaramente solo uno dei tanti episodi di atrocità commesse contro i civili iracheni da parte delle truppe Usa. Queste orribili rivelazioni, in ascesa, apparentemente hanno portato il primo ministro iracheno Nuri Kamal el-Maliki a scagliarsi contro l’esercito americano, "denunciando ciò che egli ha definito come “attacchi abituali” da parte delle truppe della coalizione contro civili iracheni. Nuri Kamal el-Maliki ha dichiarato che la "violenza contro civili è diventata una 'quotidianità', perpetrata da truppe della coalizione che non rispettano il popolo iracheno'" (The New York Times, 2 giugno 2006). Il fatto che l’esistenza del governo di el-Maliki dipenda dall’esercito statunitense suggerisce il livello di gravità con cui egli percepisce tale "fenomeno quotidiano".

La risposta dell’amministrazione Bush ai percepiti "attacchi 'quotidiani' contro civili [iracheni]" (Ibid) contiene la propria ironia menzognera. La reazione è diventata notizia da prima pagina: "Gli Stati Uniti ordinano addestramento etico per le proprie truppe in Iraq". L’espressione "addestramento etico" si riferisce a "truppe alle quali viene insegnato quali siano i valori militari, le aspettative culturali irachene e la condotta professionale disciplinata", che include "l’importanza di attenersi a standard legali, morali ed etici sul campo di battaglia" (The Boston Globe, 2 giugno 2006).

Se si trattasse di etica, tanto per cominciare, le truppe statunitensi non si troverebbero in Iraq. Questa montatura non ha lo scopo di conquistare le menti e i cuori del popolo iracheno, ma di sostenere il decrescente favore del popolo americano per una guerra e un’occupazione che sempre più tradiscono il proprio tratto criminale. Allestimento delle vetrine per una cospirazione corrotta – e che corrompe – o "addestramento etico"?

La vera cospirazione non è l’occultamento del matrimonio di Gesù con Maria Maddalena, ma il suo matrimonio con la Chiesa cristiana – e i matrimoni delle chiese cristiane con lo Stato. È il legame di corruzione tra Chiesa e Stato che necessita di essere decodificato.

Molti ecclesiastici cristiani tendono spesso a non turbare lo status quo, asservendo il potere per timore di essere tagliati fuori. Nella cristianità istituzionalizzata, il clero solitamente si fa strada alla meno peggio – il che spesso significa essere costretti a condividere determinate vedute. Le strutture gerarchiche determinano i loro progressi e, quindi, tendono a preservare la propria coscienza. Non può esistere una gerarchia senza una non-gerarchia.

Allo stesso modo, numerosi vescovi e funzionari ecclesiastici tendono spesso a non turbare lo status quo per timore che gli altri componenti abbandonino il gruppo – e non semplicemente i membri ecclesiastici repubblicani. L’enfasi principale è sulla predicazione del Vangelo, non sull’etica; sul fare di tutti dei "discepoli di Gesù Cristo", non sul fare giustizia per tutti. È la politica della religione che spesso tiene la religione fuori dalla politica – fuori da questioni politiche scottanti.

L’evidente cospirazione qui è trasformare un profeta in un profitto. In altre parole, una caratteristica fondamentale del tipico leader ecclesiastico cristiano di successo sembra ormai essere la capacità di mantenere e accrescere l’istituzione così come si presenta. Di nuovo, la minaccia più grave per la cristianità istituzionalizzata è Gesù stesso – il suo modello di liberare gli oppressi anziché evangelizzarli e opprimerli in suo nome – o in nome della "libertà".

Tuttavia, esistono alcune eccezioni. Uno di queste è Jim Winkler, capo della 'United Methodism's General Board of Church and Society', un’agenzia Usa di azione sociale della Chiesa. Winkler ha recentemente fatto appello al Congresso affinché accusasse il presidente Bush, anch’egli Metodista Unito, per aver promosso una "guerra illegale di aggressione" contro l’Iraq, "basata su menzogne" e contraria ai Principi sociali della Chiesa che dichiarano: "La guerra è incompatibile con l’insegnamento e l’esempio di Cristo".

Non sorprende il fatto che Mark Tooley, direttore del Comitato dei Metodisti Uniti presso l’Institute of Religion and Democracy, da quel che si dice avrebbe dichiarato che Jim Winkler era una copertura per la "Sinistra Religiosa", e sarebbe stato un ottimo "portavoce per un’organizzazione di azione politica di sinistra come MoveOn.org", poiché Winkler "non rappresenta l’opinione mainstream nella confessione per la quale ha la pretesa di parlare" ("Blow-back for Methodist attack on Bush," UPI Religion and Spirituality Forum, 1 giugno 2006). Lo stesso Tooley sembra presumere di rappresentare l’”opinione mainstream” della confessione. Il modello di liberazione di Gesù non riguarda "sinistra" e "destra", ma giusto e sbagliato.

È giunto il momento per i vescovi della Chiesa dei Metodisti Uniti di seguire l’esempio di Jim Winkler e dire la verità al potere con maggiore vigore. Lo scorso novembre, 95 vescovi Usa hanno firmato una "Dichiarazione Morale" nella quale "ci siamo pentiti di essere stati complici di ciò che crediamo essere un’invasione e un’occupazione ingiusta ed immorale dell’Iraq". Hanno lamentato il fatto di "avere taciuto di fronte alla fretta dell’amministrazione statunitense di muovere all’azione militare basandosi su informazioni fuorvianti". Hanno ammesso "preoccupazione per l’aumento istituzionale [corsivo aggiunto] e i programmi limitati mentre uomini e donne americani sono mandati in Iraq ad uccidere ed essere uccisi, mentre migliaia di iracheni soffrono e muoiono inutilmente". Il loro impegno finale era di “obiettare con coraggio quando i poteri governativi offrono soluzioni di guerra che sono in antitesi al messaggio evangelico di amore".

La “soluzione” finale dei "poteri governativi" è offrire "addestramento etico” alle truppe, la cui stessa presenza di occupazione e d’invasione in Iraq viola la legge internazionale – e quella di qualsiasi "messaggio evangelico di amore". È tempo per i 95 vescovi dei Metodisti Uniti di presentare una risoluzione al loro stesso Consiglio Episcopale, chiedendo la censura dei loro due membri ecclesiastici più prestigiosi e criminali: il presidente Bush e il vicepresidente Cheney. I motivi della loro censura sono contenuti nella “Dichiarazione Morale” dei 95 vescovi".

Si dice che Gesù insegni che la vita eterna non è qualcosa che si eredita, ma qualcosa che ci si guadagna. Non riguarda fondamentalmente la fede, ma il comportamento, proprio come la verità è riflessa in ciò che uno fa. Quando un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova e gli chiese: ""Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?", Gesù confermò che i due più grandi comandamenti sono: Amare il Signore Dio tuo e il prossimo tuo come te stesso. "fa' questo [corsivo aggiunto], e vivrai” (Luca 10:25-28).

Gesù non disse quale prossimo amare, non ne specificò razza, religione, nazionalità o orientamento sessuale. Ciò portò il dottore della legge a mettere Gesù ancora più alla prova, chiedendogli: "E chi è il mio prossimo?" Qualsiasi persona derubata e bisognosa di un Buon Samaritano, disse Gesù. E non c’erano clausole restrittive di conversione (Luca 10:29-37)

La religione è capire e vincere le cospirazioni. È liberare i popoli, non imporre loro credenze settarie o politiche. È dare potere ai popoli, non imporlo loro. È onorare i popoli chiamandoli con il proprio nome e vivere la loro realtà, non interpretarla. È amare il prossimo tuo come te stesso. E il tuo prossimo è qualsiasi persona in qualsiasi posto. La religione non è venerare ciò che i profeti hanno fatto, bensì fare ciò che i profeti hanno venerato.



1. Seconda Edizione, pag. 93, Yale University Press (Traduzione di William E. Alberts)

2. Nota impresa di costruzione e infrastrutture, un tempo diretta dal vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney (NdT).



Il Reverendo William E. Alberts, Ph.D. è cappellano d’ospedale. Ministro sia degli Unitariani Universalisti sia dei Metodisti Uniti, è autore di rapporti di ricerca, saggi e articoli su razzismo, guerra, politica e religione.



Fonte: Counterpunch
Traduzione a cura di Arianna Ghetti per Nuovi Mondi Media




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