mercoledì 28 gennaio 2009

SOCIETA'. Postmodernismo e modi "alternativi" di essere chiesa

SOCIETA'. Postmodernismo e modi "alternativi" di essere chiesa
ITALIA, 08:13:00


2009-01-28 Redazione



Salvatore Loria ha intervistato Valerio Bernardi:


Il postmodernismo può essere definito una "corrente di pensiero" o piuttosto "uno stato mentale"?

La domanda è pertinente, in quanto possiamo dire che non esiste una corrente filosofica che si possa definire "pensiero postmoderno". Uno dei maggiori pensatori, Jean-Francois Lyotard, che hanno contribuito a coniare il termine parla, di "condizione postmoderna", ovvero di una situazione in cui l'uomo contemporaneo, preso atto della crisi della ragione illuministica e della sua fallibilità, vive il suo mondo con minori certezze di prima e in una crisi permanente. Di contro alla definizione lyotardiana possiamo dire, però, che vi sono diverse correnti di pensiero che possono definirsi "postmoderne", pur non avendo usato questo come loro termine principale di riferimento. Direi che il post-strutturalismo di Foucault in Francia, dove il soggetto e il potere vengono esaminati non più nella loro struttura razionale, ma nei loro reticolati simili ad una sorta di sistema nervoso senza un luogo centrale di riferimento ed il "pensiero debole" italiano cui si sono rifatti alcuni dei maggiori intellettuali italiani come Eco, Ferraris e Vattimo rappresentano in genere bene il pensiero post-moderno e cercano una rappresentazione del mondo alternativa a quella propugnata dalla razionalità occidentale. In conclusione, quindi, si potrebbe dire che esiste una condizione postmoderna, in cui l'uomo contemporaneo accetta la crisi della razionalità illuministica e la perdita di ogni certezza derivante dalla ragione strumentale e, dall'altro lato, esistono scuole di pensiero (post-strutturalismo, pensiero debole) che cercano di costruire un quadro di riferimento alternativo a quello del razionalismo occidentale.

Ci sono punti di contatto con la fede cristiana?

Alcuni studiosi hanno cercato di sfruttare il termine "post-moderno" per affermare che si potesse costruire un modello "alternativo" di religiosità all'interno del cristianesimo. Il tentativo più articolato in campo evangelico conservatore è stato quello di Thomas Oden. Oden, teologo di origine metodista o presbiteriana che aveva una formazione di tipo liberale negli anni Novanta ha scritto un testo dal titolo After Modernity...what? Affermando di accettare l'idea che ci troviamo in un mondo post-moderno, egli afferma che il post-moderno è uguale, per la teologia cristiana e per il cristianesimo al mondo tradizionale dei Padri della Chiesa, per cui, qualche anno dopo, egli scriverà una teologia dogmatica che si rifaceva direttamente al pensiero dei Padri. L'idea di Oden, quindi, è che post-moderno possa anche significare ritorno alla tradizione. Dal punto di vista del protestantesimo liberale, invece, direi che i tentativi migliori siano stati fatti dai cosiddetti teologi post-liberali. A capeggiare la scuola dei Postliberali ci sono stati George Lindbeck e Hans Frei. Frei, in particolare, ha affermato che ci trovavamo di fronte ad un eclisse delle grandi narrazioni (affermazione tipico di alcuni pensatori postmoderni) e che quindi bisognava ritornare a recuperare discorsi di tipo linguistico e comunicativo. I postliberali hanno poi preso altre pieghe, formulando ipotesi di una nuova apologetica (come Placher) oppure di una nuova teologia militante (come quella di Hauerwas). Dal punto di vista di organizzazione della struttura ecclesiale l'atteggiamento postmoderno ha avuto i suoi effetti nei modelli delle megachurch come quello proposto da Rick Warren per Saddleback o anche da quel movimento denominato negli Stati "emergent church" che ha cercato modi "alternativi" di essere chiesa per farsi meglio ascoltare da coloro cui si voleva trasmettere il messaggio. La stessa idea di un "modern contemporary service" presente oramai in quasi tutte le chiese evangeliche cerca di trovare modi di comunicazione del Vangelo che possano essere più consoni alla nostra società.
E' interessante dire che, proprio la emergent church ha cercato di diffondere, più degli altri, le sue idee attraverso mezzi più moderni, come quelli permessi dal web 2.0 oggi.

La nostra è piuttosto una società "postmodernista" o "relativista" o tutt'e due?

Se parliamo della società occidentale direi che dovremo usare entrambi i termini. L'atteggiamento postmoderno annuncia la fine di ogni certezza, la fine delle grandi narrazioni, la perdita di valore della razionalità e, pertanto va verso il relativismo. Non sempre, però, possiamo dire che postmodernismo e relativismo sono coincidenti. Direi, quindi, che l'uomo contemporaneo vive una crisi di valori e di punti di riferimento che trova validazione nell'atteggiamento dei postmoderni che affermano che non vi è possibilità di avere chiari punti di riferimento. Quindi direi che i due termini possono essere talvolta usati indifferentemente, talaltra distinguendoli tra pratica quotidiana (relativismo) e sua ideologia (postmodernismo). Spero di essere stato chiaro.

[Salvatore Loria ha intervistato Valerio Bernardi]

Valerio Bernardi è laureato in filosofia presso l'Università di Bari ed è dottore di ricerca in Antropologia Culturale. Insegna storia e filosofia presso i licei ed è docente a contratto presso l'Università degli Studi della Basilicata per le discipline antropologiche. Anziano della Chiesa di Cristo di Bari, attualmente è candidato al dottorato in teologia sistematica presso la Facoltà Teologica Valdese. I suoi interessi vertono sulla teologia sistematica, la filosofia della religione, la storia della Chiesa, la sociologia della religione, l'esegesi biblica.


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