sabato 28 febbraio 2009

RECENSIONE: CRISTO TRA BIBBIA E CORANO

26 febbraio 2009
Libri / Cristo tra Bibbia e Corano
di Massimo Donaddio


26 febbraio 2009


Dialogo tra cristiani e musulmani. Non c'è forse una espressione più utilizzata di questa per indicare una realtà e un'esigenza che va facendosi strada nelle nostre comunità del mondo europeo e, più in generale, occidentale. La presenza di massiccia immigrazione nel Vecchio Continente, e anche nella nostra Italia, impone, specialmente dall'11 settembre 2001 in poi, un supplemento di impegno nella costruzione dell'integrazione, alimentata anche da uno scambio culturale sempre maggiore e da una tavola di valori il più possibile condivisa.

Una impresa ardua, forse infruttuosa, secondo alcuni: troppe sarebbero le differenze tra lo spirito europeo, sintetizzato dall'incontro tra la civiltà greco-latina e il messaggio spirituale cristiano, e la civiltà arabo-musulmana fondata sul Corano e sui precetti del profeta Maometto. Eppure dei punti d'incontro, anche religiosi, si possono ravvisare tra le due grandi tradizioni monoteistiche. Vi sono nell'Islam, religione formatasi nel VII secolo nella penisola arabica, precisi riferimenti ai capisaldi del Cristianesimo: di più, gli stessi protagonisti della vicenda sacra cristiana sono rappresentati e narrati anche nelle scritture musulmane. Il saggio di un giovane studioso napoletano di islamistica, Domenico Cocozza, illustra con ampiezza di dettagli - seppur in maniera forse un po' troppo didascalica - i cospicui contributi che la fede di Maometto ha acquisito dal Cristianesimo, soprattutto nelle sue tradizioni asiatiche. Similitudini, come anche differenze tra le due religioni: a partire dalle stesse identità dei fondatori (Cristo, il figlio di Dio, per i cristiani, e Maometto, il sigillo dei profeti, per l'Islam), così come dal valore dei rispettivi testi sacri (libro ispirato da Dio e scritto da mani d'uomo, la Bibbia ebraico-cristiana; rivelazione, parola di Dio in tutto e per tutto il Corano per i musulmani).

Interessante è conoscere la figura di Gesù come ce la presenta il testo sacro musulmano: Isa (questo il suo nome) è il penultimo dei profeti di Allah, immagine del credente perfetto, del musulmano fedele, completamente consacrato a Dio di cui è portavoce e testimone, anche con i suoi poteri taumaturgici. Figlio di Maria vergine per intervento divino, spirito insufflato nel ventre di Maryam per la potenza di Allah, non è però figlio di Dio, bensì profeta disceso dal cielo per riportare la giustizia e per condurre i musulmani alla vittoria finale contro l'anticristo. È il "presagio dell'Ora", ovvero il messia che tornerà alla fine dei tempi per sconfiggere l'antico avversario nella battaglia contro le potenze del male.

È il condottiero dell'ultima guerra santa, non il Cristo redentore che effonde il suo sangue per la salvezza del mondo. L'identità di Gesù, come emerge dal Corano, non è dunque quella di "salvatore", bensì quella di perfetto messia musulmano, esempio illustre per i credenti, messaggero dotato di qualità portentose, addirittura parola di Allah rivelata, segno prodigioso della volontà del Dio Misericordioso. Gesù non compie miracoli perché è figlio di Dio, ma perché Dio stesso consente questi eventi miracolosi assistendolo con la sua potenza.

Diversi passi del Corano esplicitano una polemica nei confronti dei cristiani, accusati di aver fatto di Gesù, inviato di Dio, una divinità assieme a sua madre: «Si son presi i loro dottori e i loro monaci e il Cristo figlio di Maria come Signori in luogo di Dio, mentre erano stati esortati ad adorare un Dio solo» (Cor. 9:30-31), e anche: «Credete dunque in Dio e nei suoi messaggeri e non dite: Tre. Basta! Sarà meglio per voi! Perché Dio è Uno solo, troppo glorioso ed alto per avere un figlio!». I cristiani nel Corano sono visti in maniera duplice: da una parte sono biasimati per la loro fede trinitaria, dall'altra sono guardati con grande rispetto e anche con simpatia per l'umiltà e le opere buone (a differenza degli Ebrei, stigmatizzati come superbi e miscredenti).

Eppure il Corano respinge nettamente la dottrina della morte e resurrezione di Cristo: la maggioranza dell'ortodossia musulmana non ammette l'idea della crocifissione di Gesù, ritenendo – come alcune sette eretiche cristiane di matrice gnostica – che egli sia stato sostituito da un sosia sulla croce e sia stato innalzato in cielo da Dio. Isa, il messia, tornerà sulla terra nell'ora della battaglia finale contro l'anticristo. Solo dopo l'uccisione di quest'ultimo, egli potrà governare la terra con la legge islamica, mettendo fine alle false dottrine, assicurando la pace e la prosperità al mondo. Il suo regno sarà lungo quarant'anni, e finalmente, potrà morire, prima della definitiva ascensione al cielo. Il suo corpo, invece, riposerà accanto alle spoglie del profeta Maometto nella città santa di Medina.

Domenico Cocozza
Cristo. Un profeta tra Bibbia e Corano
Edizioni Stamen, pagg. 148 , € 12

26 febbraio 2009


http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2009/02/libri-cristo-profeta-bibbia-corano.shtml?uuid=6352c44a-041b-11de-b262-02b204b540f4&DocRulesView=Libero

giovedì 26 febbraio 2009

Anglicani: tradizionalisti nella chiesa cattolica?

Anglicani: tradizionalisti nella chiesa cattolica?
25 febbraio 2009 - (ve/agenzie) Poco dopo Pasqua Benedetto XVI dovrebbe ammettere nella chiesa cattolica la Traditional Anglican Communion. Il movimento tradizionalista anglicano, in rotta dal 1991 con la Comunione anglicana a causa dell’ordinazione delle donne al ministero pastorale, sarebbe così la prima comunità religiosa nata dalla Riforma a ritornare in seno al cattolicesimo. Lo riferisce il settimanale australiano The Record, il quale afferma che la decisione è stata convalidata dalla Congregazione per la dottrina della fede lo scorso mese di ottobre. Il gesto - che dovrebbe avvenire nel corso di una celebrazione nella basilica di San Paolo fuori le Mura, a Roma - è destinato a incrinare le relazioni tra Roma e la Comunione anglicana. E conferma la linea conservatrice dell’attuale pontificato.
I tradizionalisti anglicani, guidati dall’arcivescovo Louis Falk, si sono separati dalla Comunione anglicana nel 1991. La separazione è avvenuta in reazione alla moltiplicazione delle consacrazioni di donne al ministero pastorale. La Traditional Anglican Communion conta oggi circa 500’000 membri.


http://www.voceevangelica.ch/index.cfm?method=articoli.notizie_gen&id=9070

Shoah, Williamson chiede scusa

Shoah, Williamson chiede scusa


"Mi perdonino il Papa e gli ebrei"

"Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto". Con questa lapidaria affermazione il vescovo lefebvreiano Richard Williamson torna sulle violente polemiche scatenate dalle sue affermazioni in merito alla Shoah e alle camere a gas. Williamson si trova ora a Londra dopo essere stato costretto a lasciare l'Argentina, in seguito alle affermazioni negazioniste.


Il monsignore avrebbe affermato, in una nota, il suo "rammarico" di avere espresso le dichiarazioni negazioniste in merito alla Shoah, precisando che "se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate".

"Il Santo Padre e il mio Superiore, il vescovo Bernard Fellay - riferisce ancora Williamson - mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi". Il presule constata di aver espresso alla televisione svedese solo una "opinione" di un "non-storico". "Un'opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico".

"Gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X - aggiunge il monsignore - mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata". "Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto. Come ha affermato il Santo Padre - ha concluso - ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l'umanità".



http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo442647.shtml

Israele/ Spaccatura tra ebrei laici e ortodossi su cristianesimo

Israele/ Spaccatura tra ebrei laici e ortodossi su cristianesimo
Lo rivela un sondaggio pubblicato dallo Yedioth Ahronoth
Roma, 24 feb. (Apcom) - Dopo le recenti tensioni tra la Chiesa cattolica e il mondo ebraico, provocate dalla revoca della scomunica da parte del Papa al vescovo negazionista Richard Williamson e dal programma satirico su Gesù andato in onda nei giorni su una tv israeliana, emerge una netta spaccatura tra ebrei laici ed ebrei ortodossi in merito al loro atteggiamento nei confronti del cristianesimo.

Secondo un sondaggio pubblicato dal sito web dello Yedioth Ahronothe realizzato dall'Istituto Smith su un campione di 500 persone, la maggioranza degli israeliani di religione ebraica ritiene che nelle scuole debbano essere insegnate nozioni sul cristianesimo, ma non sul Nuovo Testamento, e che lo Stato debba inoltre garantire la libertà di culto ma non permettere agli enti ecclesiastici cristiani di acquistare terreni a Gerusalemme.

Dal sondaggio risulta poi che per il 54 per cento degli ebrei laici il cristianesimo è più vicino all'ebraismo rispetto all'Islam. Così la pensa invece solo il 17 per cento degli ebrei ortodossi, i quali ritengono in gran numero (il 48 per cento) che l'Islam sia più vicino alla loro religione.

Il 60 per cento degli ebrei ortodossi e ultra-ortodossi si dice poi disturbato dalla vista di una persona con indosso una croce, mentre per la stragrande maggioranza dei laici (il 91 per cento) questo non costituisce un problema.

Su quasi tutte le questioni i laici dimostrano dunque di avere un approccio più aperto rispetto agli ortodossi. I primi sono ad esempio in grande maggioranza (68 per cento) a favore dell'insegnamento del cristianesimo nelle scuole (il 52 per cento anche del Nuovo Testamento), mentre gli ortodossi e gli ultraortodossi sono nettamente contrari (rispettivamente il 73 per cento e il 90 per cento).

http://notizie.virgilio.it/notizie/esteri/2009/02_febbraio/24/israele_spaccatura_tra_ebrei_laici_e_ortodossi_su_cristianesimo,18118367.html

LE VERE ORIGINI DEL CARNEVALE


Origini del Carnevale.



Il Carnevale è un periodo e un evento dell'anno caratterizzato da animato divertimento e festeggiamenti burleschi; pur non essendo una festa liturgica, tradizionalmente coincide con i giorni precedenti la quaresima. Consiste in un rovesciamento buffonesco della realtà, spesso celebrato con balli, sfilate e cortei di carri allegorici, situazioni di incontro e festa collettiva, caratterizzate tutte dalla presenza di maschere.

La parola deriva forse dal latino carrus navalis, o dal latino medievale carnem levare, "togliere la carne" dalla dieta (in osservanza al divieto cattolico di mangiare carne durante la quaresima).

Leggendo letteralmente la parola, così com'è oggi, CARNEVALE può significare "carne-vale", ovvero "vale la carne", e ancora "è ammessa la carnalità". Perfettamente quello che il Carnevale vuole essere.



I festeggiamenti hanno origine molto remota e si ricollegano ad antichi riti pagani. La maschera, ad esempio, attualmente segno di buffa trasgressione e divertimento, nelle civiltà pre-cristiane era considerata strumento atto a conferire a chi la indossava un potere sovrannaturale, o la forza degli animali sacri raffigurati; si riteneva inoltre che le manifestazioni di ilarità potessero scacciare gli spiriti maligni.

In seguito all'avvento del cristianesimo nei riti del Carnevale vi è stato tolto, apparentemente, il carattere magico-rituale, mantenendo quelle caratteristiche di occasione di divertimento popolare eccessivo e peccaminoso fedeli all'originale.



Il Carnevale ebbe origine dai Baccanali greci e dai Saturnali romani.

I Saturnali furono istituiti per celebrare la costruzione del tempio a Saturno, nel 263 a.C. Originariamente, i Saturnali duravano un solo giorno, poi l'imperatore Augusto li portò a tre giorni, e Caligola a quattro. Successivamente la loro durata fu estesa ad una settimana.

In quei giorni i romani si riversavano nelle strade, cantando e osannando il padre degli dei. Sparivano le differenze sociali e il popolo si dava a gran feste, culminanti nel giorno dedicato alla dea Opi.

Nulla veniva rispettato e venivano dette pubblicamente delle cose che in altre circostanze non sarebbero state tollerate.



A Bacco erano invece dedicati i Baccanali, dove forse vennero usate le prime maschere, anche se studi più recenti ipotizzano che la maschera venisse già prima utilizzata dagli Egiziani e dagli Indiani.

Veniva eletto un capo festa che organizzava i giochi e in seguito si adottò un vestito che impediva di riconoscere il nobile dal plebeo, lo schiavo dal padrone, anche l'imperatore partecipava alla festa mascherata, e questo per non essere riconosciuti durante le licenziose pratiche libertine.

Anche nei Lupercali, feste in onore di Fauno, i Romani facevano uso della maschera. Gli uomini si coprivano il volto con foglie di vite, sulle quali praticavano due fori in corrispondenza degli occhi. Altrettanto facevano i soldati, che, così mascherati, formavano un corteo con caricaturali carri di trionfo, che servivano a fare della satira verso i loro capi.



Con l'avvento del cristianesimo queste feste, come molte altre, furono trasformate in eventi religiosi che spesso prevedevano processioni per lo spostamento di icone o statue di santi o madonne da un luogo all'altro questa volta per ringraziare dei raccolti e porre le condizioni per un futuro migliore o grandi festeggiamenti popolari sempre in onore di ricorrenze religiose appositamente create per giustificare e mantenere in vita la tradizione dei baccanali (la festa napoletana chiamata "Festa di Piedigrotta" ne è un esempio).


Il Carnevale contrasta con l'Etica Cristiana?


Sicuramente si!

E non solo per le marcate origini, dalle quali ne ritrae fedelmente gli intenti e i modi di espressione. Sicuramente non tutte le zone e tutte le persone vengono coinvolte da questo tipo di carnevale e, come avviene con tutte le altre cose contrarie alla sana dottrina cristiana, resta sempre nella libera volontà dell'individuo la scelta di praticarlo.

Si può dire benissimo che il Carnevale serve a manifestare, almeno una volta all'anno, la frenetica ricerca di appagamento sensuale, dando la possibilità all'individuo di sovvertire quei ruoli e quei valori, nei quali si sente come imprigionato, senza essere condannato da alcuno.

Una volta all'anno, diventa legittimo il curioso bisogno di abolire la propria personalità per assumerne una fittizia per commettere, sotto una maschera grottesca, le più stravaganti bizzarrie. Provando anche a dire in forma scherzosa, e non solo, tutto ciò che non è consentito dire seriamente, per ridere impunemente di tutto e di tutti. È stato scritto che il Carnevale è il re del mondo o, meglio ancora, uno strumento del re del mondo; effettivamente nessuna usanza può dirsi più universalmente diffusa e praticata da svariati popoli, diversi per cultura.


Ma, dall'Italia alla Germania, dal Brasile al Nord America, il Carnevale trova la sua espressione massima nell'ambiente cosiddetto cristiano, diventando un efficace strumento di scandalo, ma, nello stesso tempo, strumento che serve a distinguere il cristiano nominale dal cristiano fedele ai sani insegnamenti di Cristo.

C'è da tener presente però che, in quasi tutte le altre realtà sociali e religiose mondiali, troviamo, anche se espresse diversamente, caratteristiche carnevalesche affine anche nell'estetica: la Festa dei Dragoni in Cina, i rituali e le feste dei popoli della Polinesia, degli Indiani d'America, ed altri.


Riguardo a quello che avviene in questo periodo non abbiamo bisogno di entrare nei particolari, ma basta andare in uno dei posti (e in Italia ormai, purtroppo, c'è ne sono diversi), dove si organizzano le sfilate, per rendersi conto di quello che succede; sicuramente i moralisti lì non si troverebbero a loro agio. Certamente il solo fatto del guardare un carro allestito con maschere e costumi, non si può classificare peccato, ma il partecipare alle buffonerie e alle gozzoviglie può recare del danno morale e spirituale.

Ma il Carnevale NON è solo quello; Carnevale è principalmente quello che anima le persone all'allegrezza spropositata, alla trasgressione, a quel convincimento che puoi fare qualcosa che non ti è consentito nella vita di ogni giorno e nelle normali relazioni; è uno spirito diabolico vero e proprio che camuffandosi di costumi, colori e caricature innocue trascina le persone nella loro naturale inclinazione, derivante, anche questa, dalla decaduta condizione umana e non ancora rigenerata dallo Spirito di Dio.


In Germania per esempio le maggiori nascite di bambini avvengono nove mesi dopo il periodo del Carnevale, e principalmente di bambini non desiderati, e illegittimi. È risaputo da tutti anche quello che avviene in Brasile, a Rio de Janeiro. In quasi tutto il Sud e il Centro America il Carnevale viene festeggiato come quello di Rio de Janeiro: sfrenatezza, dissolutezza, sesso facile, scherzi dannosi, sembra di rivedere per qualche giorno, quello che succedeva nelle città di Sodoma e Gomorra di 4.000 fa, prima di essere distrutte.

Nel Carnevale si celebrano molte allegorie, ma il Carnevale stesso è una allegoria, precisamente quella dei Sabba diabolici. Mentre danze, orgie, sfregi, oscenità, rituali blasfemi e presenze diaboliche nei Sabba sono reali e tangibili, nel Carnevale queste cose si travestono di permissivismo incoraggiando le persone agli stessi tipi di peccati, seppur in maniera ridotta.

Un articolo di un giornale di provincia del 1938 riporta, a proposito del Carnevale: "...giovanetti rabbiosi, ragazze frenetiche non sanno rinunciare al turpe divertimento del ballo. Passioni roventi si sviluppano e ardono, affetti pravi che iniziano; mode turpi, nudismo, che si usano; abbracciamenti disonesti che si fanno; peccati che si consumano nel bollore della danza cittadina e negli agiati ritrovi notturni; tresche che si svolgono; onore che spesso si perde; malizie che si imparano."

Il Carnevale favorisce e incita all'alcolismo, all'adulterio, alle facezie scurrili, alle buffonerie, alle volgarità e alle altre cose contrarie, non solo ai sani comportamenti cristiani, ma anche alla normale moralità vigente negli altri periodi dell'anno.


Un'altro aspetto caratteristico peccaminoso del Carnevale è la mascherata e il travestimento; questi non sono altro che le "braccia" dell'inganno, di cui Satana ne è la personificazione e il generatore, come dice Cristo: "...egli è il padre della menzogna...".

Il travestimento serve come autorizzazione per esternare alcuni impulsi repressi dalla Legge di Dio che agisce nella coscienza; ovviamente questo è un inganno, e non può essere giustificato colui che pecca in questo particolare periodo dell'anno.

Sicuramente ci sono persone che non si mascherano con intendi malvagi, ma la mascherata e la partecipazione può essere il principio di qualcosa di peggio.

Questo meccanismo malefico lo vediamo anche in alcuni bambini, i quali usando il travestimento, fanno delle burle sia ai loro coetanei che ai grandi.

In nome del Carnevale viene loro concesso di fare delle cose che sono deplorevoli e degni ci condanna negli altri periodi dell'anno. Forse che il Carnevale ha il potere di trasformare un atto da condannare e peccaminoso in atto lecito e giustificato? Il danno recato dal peccato è inesistente per il fatto che chi lo commette è vestito con costumi vari? Con quale autorità la gravità del peccato viene tolta se svolto in questo particolare periodo dell'anno?



Il Carnevale a confronto con la Parola di Dio.


Nella Bibbia non riscontriamo la parola CARNEVALE, ma spesse volte è sottintesa quando vi sono menzionati i peccati del "mondo" o della "carne", espressamente fatti in particolari circostanze. È caratteristico anche il fatto che la parola (in italiano) "carnevale" derivi da CARNE, e forse non intesa soltanto come alimento.

Ci risulta abbastanza ovvio, e senza téma di essere smentiti, che Cristo, gli Apostoli e la prima chiesa non celebravano i festeggiamenti del carnevale o cose del genere. Le feste che praticavano erano solo quelle prescritte da Mosè, la festa dei Purim subentrata nel periodo dell'esilio post-babiloneseo e quella istaurata nel periodo dei Maccabei.

All'infuori di queste non riscontriamo che gli ebrei, anche quelli cristiani, celebrassero altre feste. Per quanto riguarda nella vita della Chiesa del Nuovo Testamento non si celebrava alcuna festa essendo Cristo stesso "nostra Pasqua e nostra festa", come dice anche l'apostolo Paolo, essendo anche i frequenti incontri di comunione fraterna, momenti di gioia intensa per via della presenza del Signore.


Come abbiamo scritto sopra, la feste, incluso il Carnevale, sono subentrate in secondo tempo nella realtà cristiana, ma soltanto per accondiscendere ai nuovi convertiti (?), provenienti dal paganesimo. Nel periodo che va dal 250 d.C. al 500 d.C tutte le feste pagane sono state progressivamente trasformate in feste "cristiane", alcune delle quali sono sopravvissute sino ad oggi, Carnevale incluso.

Gia al tempo di Mosè e di Giosuè, Dio ha ammonito il suo popolo a non conformarsi e a non adottare gli usi e i costumi licenziosi e peccaminosi dei popoli Cananei.

Lo stesso ammonimento vale per il popolo di Dio del Nuovo Testamento: la Chiesa.

Ancora oggi siamo nel Nuovo Testamento e come allora i cristiani si debbono attenere ai comandamenti divini.

Al tempo di Giosuè, il popolo di Dio, entrando nella Terra Promessa non doveva assimilare e usare le pratiche pagane; al tempo della Chiesa (anche oggi), coloro che si convertono debbono abbandonare le pratiche e gli usi peccaminosi della vita trascorsa senza Dio, prima di conoscere Cristo.


Romani 8:5-9 "Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito.

Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace;

infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo; e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non appartiene a lui."



Galati 5:16-24, 6:8 "Camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne. Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio.

E quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna."


Efesini 5:3-4 "Come si addice ai santi, né fornicazione, né impurità, né avarizia, sia neppure nominata tra di voi; né oscenità, né parole sciocche o volgari, che sono cose sconvenienti; ma piuttosto abbondi il ringraziamento."


Colossesi 3:5-8 " Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria. Per queste cose viene l'ira di Dio, e così vivevate un tempo anche voi, quando vivevate in esse. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, collera, malignità, calunnia; e non vi escano di bocca parole oscene.



http://www.incontraregesu.it/ultimaora/carnevale.htm

domenica 22 febbraio 2009

VATICANO-ISRAELE: OLMERT SI SCUSA PER SKETCH BLASFEMI

VATICANO-ISRAELE: OLMERT SI SCUSA PER SKETCH BLASFEMI

AGI) - Gerusalemme, 22 feb. - E' stato Ehud Olmert a chiedere scusa per il programma tv che facendosi beffe della Vergine e di Gesu' Cristo ha indignato la popolazione cristiana di Israele e portato alla protesta del Vaticano. "Mi dispiace per le dichiarazioni contro la religione cristiana, e in particolare contro la comunita' cristiana che convive con noi in Israele" ha detto Olmert in apertura della riunione di gabinetto, secondo quanto riportato dall'edizione on-line del quotidiano "Yediot Aharonot". Dopo aver assicurato che non e' sua intenzione "limitare la liberta' di espressione", il premier uscente ha chiesto "senso di responsabilita' e moderazione, anche quando si parla di uno show satirico".
Alcuni sketch blasfemi erano stati trasmessi nel programma di Canale 10 'The Tonight Show' in cui venivano ridicolizzati la Vergine Maria - "messa incinta all'eta' di 15 anni da un compagno di scuola" - e Gesu' - morto giovane "perche' grasso" (e quindi troppo pesante per camminare sulle acque). Durante il programma, andato in onda nei giorni scorsi con il titolo 'Like a Virgin', il comico Lior Shlein aveva anche scherzato sulle polemiche suscitate dalle frasi negazioniste di Williamson. I cristiani "negano l'Olocausto", ha detto, "allora io voglio negare la Cristianita'".

http://www.agi.it/ultime-notizie-page/200902221250-cro-rom1021-art.html

S.Sede ottiene da Israele censura di programma tv

ISRAELE/ Comico attacca la religione cristiana offendendo Gesù e la Madonna, ma poi si scusa

mercoledì 18 febbraio 2009


Il programma è lieve come panna montata: al suo termine nella memoria resta ben poco. Il presentatore ama sghignazzare a 360 gradi, e “a chi tocca tocca”. Ma quando alcune sere fa il comico israeliano Lior Schlein ha cercato di rivisitare in modo farsesco alcuni dogmi del cristianesimo non tutti lo hanno trovato ameno. Il contrattacco subito iniziato su Facebook, dove è circolata una petizione indignata per il boicottaggio dello show della televisione commerciale Canale 10, “La notte con Lior Schlein”. Poi anche la comunità cristiana in Israele si messa in moto. I suoi dirigenti hanno chiesto spiegazioni alla emittente. E subito sono giunte le scuse della direzione. Stanotte, a quanto stato anticipato, lo stesso Schlein ammettere nella diretta televisiva di aver sbagliato. Lo spettacolo concepito come un talk-show in cui il presentatore apre con un sapido monologo - sottolineato da brevi brani musicali di un complessino - per passare poi ad interviste facete con personaggi in vista della politica o dello spettacolo. Per accrescere l'ascolto, Canale 10 ripropone il programma anche su internet: ma oggi, dopo le polemiche, gli sketch incriminati sul cristianesimo sono stati rimossi. A quanto risulta all'origine della vicenda vi sarebbe il vescovo lefevbriano che ha negato che la Shoah sia mai avvenuta. Schlein, in un gesto di ribellione, avrebbe voluto a modo suo “negare il cristianesimo”. Da qui hanno preso il via però insulti pesanti diretti alla vergine Maria e a Gesù Cristo. Due altri sketch, già filmati, sono stati archiviati, secondo la stampa locale.

«Si tratta di questioni che vanno oltre la satira o l'umorismo nero. Schlein ha ferito in maniera pesante i sentimenti di ogni cristiano in Israele e di ogni persona a cui sia caro il rispetto reciproco» ha affermato l'avvocato Salim Kubaty, un dirigente della comunità cristiana. Un episodio, ha aggiunto, tanto più deprecabile in quanto segue di pochi giorni un incontro chiarificatore nella Santa Sede fra papa Benedetto XVI e una delegazione di dirigenti della comunità ebraica negli Stati Uniti. Una fonte della comunità cristiana in Israele ha notato che gi in passato altri programmi televisivi israeliani hanno mostrato scarsa considerazione verso i suoi sentimenti. Da parte sua un responsabile di Canale 10, Avi Cohen, ha presentato oggi le sue scuse. «Nessuno voleva ferire i sentimenti della popolazione cristiana in Israele. Se ci effettivamente avvenuto - ha concluso - ce ne scusiamo».

Nel nostro Paese, come ormai in quasi tutta Europa, non sono mancati e, purtroppo, continuano a ripetersi episodi simili. Ci sono due fondamentali differenze: in primo luogo non è così facile sentire delle scuse e d’altra parte la voce dei cristiani in tal senso stenta a farsi sentire.



http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=12698

19-02-09
ISRAELE: VESCOVI CATTOLICI, OFFESE ORRIBILI DA PROGRAMMA TV

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 19 feb - ''Offese orribili e attacchi ripugnanti'': l'assemblea dei vescovi cattolici di Terra Santa risponde al programma della tv israeliana Canale 10 che negli ultimi giorni ha preso in giro pesantemente ''le figure di Gesu' Cristo e della Vergine Maria''. Un ''attacco'', cosi' lo definiscono i vescovi, che arriva in un momento particolarmente delicato dei rapporti tra Israele e Santa Sede, dopo la crisi nata dalle dichiarazioni del vescovo lefebvriano Williamson e mentre sono in corso i contatti per chiarire gli ultimi dettagli per il viaggio nel Paese di papa Benedetto XVI a maggio.

La nota dei vescovi e' firmata da 12 leader religiosi cattolici, tra cui il Patriarca latino di Gerusalemme, mons.

Fouad Twal e l'emerito mons. Michel Sabbah, il Custode di Terra Santa, p. Pierbattista Pizzaballa e mons. Elias Chacour, arcivescovo greco-melchita di Akka.

Nel testo si parla di ''offese lanciate contro la nostra fede e di conseguenza contro i cristiani. Il programma ha diretto i suoi attacchi contro le figure piu' sante del nostro credo nel tentativo, esplicitamente dichiarato dal suo regista, di distruggere il cristianesimo. Nel fare cosi' Canale 10 e' stato usato per profanare la nostra fede ed offendere centinaia di migliaia di cittadini israeliani cristiani e milioni di cristiani nel mondo''.

Per i vescovi cattolici il programma ''e' un sintomo dei grandi problemi che disturbano la societa', come l'intolleranza, il rifiuto di accettare e rispettare gli altri'' e si inserisce ''nel piu' ampio quadro degli attacchi contro i cristiani in tutto Israele nel corso degli anni''.

Tra questi i vescovi ricordano le copie del Nuovo Testamento bruciate in pubblico nel cortile della sinagoga di Or Yehuda.

''Da anni - scrivono i vescovi - il Cristianesimo sta facendo molto per fermare le manifestazioni di antisemitismo e adesso i cristiani in Israele devono ritrovarsi, essi stessi, vittime di manifestazioni anti cristiane di basso profilo?''. Nel condannare il programma l'assemblea dei vescovi chiede anche alle autorita' interessate di ''adottare le azioni necessarie per porre fine a tale orribile profanazione della nostra fede. E' inconcepibile che questi incidenti debbano verificarsi in Israele, che ospita alcuni dei santuari piu' cari della cristianita', e che confida molto sui pellegrinaggi dalle nazioni cristiane. Chiediamo al popolo israeliano e alle sue autorita' di prendere le misure adeguate nei confronti di tale inaccettabile offesa e dei suoi autori. Al tempo stesso, chiediamo a Canale 10 di riconoscere la propria responsabilita', e chiedere ufficialmente e pubblicamente scusa per questo incidente e per evitare che si ripeti''. Nella nota si ringraziano anche ''per la solidarieta' mostrata i rappresentanti musulmani ed ebrei, anche loro sconvolti e sconcertati'' dal programma.

asp/cam/lv



http://www.asca.it/news-ISRAELE__VESCOVI_CATTOLICI__OFFESE_ORRIBILI_DA_PROGRAMMA_TV-810060-ORA-.html


Vaticano protesta contro tv Israele
Ottiene il blocco di programma blasfemo
Il Vaticano ha chiesto e ottenuto un intervento delle autorità israeliane per far oscurare un programma televisivo nel quale venivano ridicolizzati

"con parole e immagini blasfeme il Signore Gesù e la Beata Vergine Maria". Lo rende noto la Santa Sede.

La trasmissione è stata messa in onda su una emittente privata nei giorni scorsi, quasi in contemporanea con l'annuncio del viaggio del Papa in Terra Santa.







http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo442108.shtml


» 2009-02-20 18:21
S.Sede ottiene da Israele censura di programma tv
CITTA' DEL VATICANO - Il Vaticano ha chiesto e ottenuto un intervento delle autorità israeliane allo scopo di far oscurare un programma televisivo in onda su una emittente privata israeliana nelle quali "venivano ridicolizzati "con parole e immagini blasfeme il Signore Gesù e la Beata Vergine Maria". Lo si apprende da un comunicato della sala stampa della Santa Sede.

"L'assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa - si legge nella nota vaticana - ha espresso pubblicamente lo sdegno e la protesta dei cristiani per le trasmissioni mandate in onda nei giorni scorsi dalla televisione privata israeliana 'Canale 10', nelle quali venivano ridicolizzati, con parole e immagini blasfeme, il Signore Gesù e la Beata Vergine Maria". "Le autorità governative, subito interessate dal Nunzio apostolico - aggiunge la nota - hanno prontamente assicurato il proprio intervento al fine di interrompere tali trasmissioni e ottenere pubbliche scuse dalla stessa emittente". "Mentre si manifesta solidarietà ai cristiani di Terra Santa e si deplora un così volgare e offensivo atto di intolleranza verso il sentimento religioso dei credenti in Cristo - conclude il comunicato della Santa Sede - si rileva con tristezza come vengano offesi in modo così grave proprio dei figli di Israele, quali erano Gesù e Maria di Nazareth". Il programma è stato messo in onda nei giorni scorsi, quasi in contemporanea con l'annuncio ufficiale del viaggio del Papa in Terra Santa.

COMICO TV IRRIDE A CRISTIANESIMO,POI SI SCUSA
Il programma è lieve come panna montata: al suo termine nella memoria resta ben poco. Il presentatore ama sghignazzare a 360 gradi, a chi tocca tocca. Ma quando alcune sere fa il comico israeliano Lior Schlein ha cercato di rivisitare in modo farsesco alcuni dogmi del cristianesimo non tutti lo hanno trovato ameno.
Il contrattacco è subito iniziato su Facebook, dove è circolata una petizione indignata per il boicottaggio dello show della televisione commerciale Canale 10, 'La notte con Lior Schlein'. Poi anche la comunità cristiana in Israele si è messa in moto. I suoi dirigenti hanno chiesto spiegazioni alla emittente. E subito sono giunte le scuse della direzione.

Lo spettacolo è concepito come un talk-show in cui il presentatore apre con un sapido monologo - sottolineato da brevi brani musicali di un complessino - per passare poi ad interviste facete con personaggi in vista della politica o dello spettacolo. Per accrescere l'ascolto, Canale 10 ripropone il programma anche su internet: ma, dopo le polemiche, gli sketch incriminati sul cristianesimo sono stati rimossi.

A quanto risulta all'origine della vicenda vi è il vescovo lefevbriano che ha negato che la Shoah sia mai avvenuta. Schlein, in un gesto di ribellione, avrebbe voluto a modo suo 'negare il cristianesimo'. Ha così sollevato dubbi sulla verginità di Maria. Poi ha anche preso di mira Gesù, lo ha descritto impegnato a mangiare pane fino a diventare obeso, ha dubitato che abbia camminato sulle acque del Lago di Tiberiade. Due altri sketch, già filmati, sono stati archiviati, secondo la stampa locale. "Si tratta di questioni che vanno oltre la satira o l'umorismo nero. Schlein ha ferito in maniera pesante i sentimenti di ogni cristiano in Israele e di ogni persona a cui sia caro il rispetto reciproco" ha affermato l'avvocato Salim Kubaty, un dirigente della comunità cristiana. Un episodio, ha aggiunto , tanto più deprecabile in quanto segue di pochi giorni un incontro chiarificatore nella Santa Sede fra papa Benedetto XVI e una delegazione di dirigenti della comunità ebraica negli Stati Uniti. Una fonte della comunità cristiana in Israele ha notato che già in passato altri programmi televisivi israeliani hanno mostrato scarsa considerazione verso i suoi sentimenti. Da parte sua un responsabile di Canale 10, Avi Cohen, ha presentato le sue scuse. "Nessuno voleva ferire i sentimenti della popolazione cristiana in Israele. Se ciò è effettivamente avvenuto - ha concluso - ce ne scusiamo".

http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/daassociare/visualizza_new.html_900955008.html

» 20/02/2009 16:21
ISRAELE - TERRA SANTA
Vescovi cattolici contro il programma televisivo israeliano che irride a Gesù e a Maria
di Joshua Lapide
Un comico prende in giro Gesù e la Madonna, dichiarando di voler “negare il cristianesimo”, dato che i cristiani “negano l’Olocausto”. Solidarietà da parte di cristiani e musulmani.


Gerusalemme (AsiaNews) – L’assemblea dei vescovi cattolici di Terra Santa ha condannato senza mezzi termini un programma della televisione israeliana che compie “attacchi rivoltanti” contro Gesù Cristo e la Madonna, dicendo che esso è un segno di crescente intolleranza e odio verso altre fedi. A dimostrazione i vescovi citano un episodio dove sono state bruciate copie della Bibbia in una sinagoga di Or Yehuda.

Nella trasmissione diffusa all’inizio della settimana, l’umorista israeliano Yair Shlein ha detto che siccome “i cristiani negano l’Olocausto, allora io voglio negare il cristianesimo”, per “dare una lezione”. In una serie di battute sarcastiche uno speaker si mette a dire che “Gesù è morto a 40 anni perché era grasso”; che Egli “non ha camminato sulle acque di Tiberiade”; che la Madonna “è stata messa incinta da un suo compagno di classe”.

I vescovi affermano che “da anni i cristiani hanno fatto moltissimo per bloccare alcune manifestazioni di anti-semitismo e ora i cristiani d’Israele si trovano vittime di una bassa manifestazione di anti-cristianesimo”.

I pastori ringraziano per la solidarietà ricevuta da parte delle comunità cristiane della Terra Santa e anche da parte della comunità musulmana e chiedono alle autorità israeliane di “prendere le misure appropriate contro questa inaccettabile offesa e i suoi autori”.


http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=14542&geo=1&size=A

Eutanasia e bioteca degli stadi terminali-Rav Riccardo Di Segni

Eutanasia e bioteca degli stadi terminali
La bioetica dei trapianti
Rav Riccardo Di Segni

Da un kibbutz dell’Alta Galilea, le parole di un’ebrea incontrata quasi per caso. «La speranza è questo dialogo che è scaturito come una benedizione… è questo miracolo che fa sì che abbiate aperto i cancelli ai vostri fratelli maggiori»

Lo scopo di questo intervento è di presentare una testimonianza ebraica su alcuni problemi specifici di bioetica. essendo questa l'unica occasione, nell'ambito del corso organizzato dall'ordine dei medici di Roma e provincia, di parlare dal punto di vista ebraico, sono necessarie alcune premesse generali.

In un paese come l'Italia, che ha una sua particolare tradizione culturale e una netta maggioranza, almeno formale, che si collega alla religione cattolica, il dibattito sulle questioni di bioetica si riduce molto spesso all'esposizione del pensiero della chiesa cattolica, e alle sue possibili opposizioni con l'etica definita laica.

Il ruolo di altre realtà culturali e religiose è praticamente ignorato o sottovalutato. Per quanto riguarda l'ebraismo, ciò è determinato soprattutto dalla scarsa rilevanza numerica della presenza ebraica in Italia.

Ma in una società pluralistica non è ammissibile che opinioni potenzialmente diverse siano ignorate, solo in quanto minoritarie, mentre proprio su questioni essenziali per la convivenza civile e la dignità dell'uomo, come quelle che si dibattono in bioetica, è necessario tener conto della diversità, che è uno stimolo alla comprensione e all'arricchimento dei valori, per arrivare a soluzioni comuni di rispetto e promozione.

Gli organizzatori del corso dell'ordine dei medici, invitandomi ad esporre un punto di vista ebraico, hanno manifestato sensibilità per questo aspetto, e meritano un particolare ringraziamento.

L'ebraismo fonda la sua cultura sulla bibbia ebraica (l'antico testamento) e sulla tradizione dell'insegnamento dei rabbini, i maestri interpreti della scrittura. L'antico testamento, non va dimenticato, è anche la radice sacra dalla quale attinge la sua fede il cristianesimo. Nell'ebraismo il rapporto con l'insegnamento biblico e con quello rabbinico, che ne sviluppa in una ininterrotta continuità le premesse, è radicale e fondamentale. Tutti i problemi etici, e in particolare quelli bioetici, vengono affrontati sistematicamente a confronto con la tradizione precedente, cui viene riconosciuta un'origine sacra e un'autorità indiscussa.

Per quanto riguarda i problemi etici nuovi, che si pongono ogni giorno parallelamente allo sviluppo delle tecnologie, la loro soluzione spetta ai rabbini; ma nell'ebraismo manca ormai da molti secoli un'autorità centrale, che sia in grado di imporre a tutti una soluzione unitaria; per cui può accadere che su determinate questioni particolari e nuove vengano espresse sentenze e opinioni differenti, ciascuna delle quali si giustifica per l'autorità e la competenza di chi l'ha formulata e per il rigore del ragionamento giuridico che la sostiene.

Dopo queste premesse, ecco alcune indicazioni di massima sui problemi in discussione. Per quanto riguarda l'eutanasia e la bioetica degli stadi terminali, non esistono indicazioni chiare e specifiche su questi punti nella bibbia, ma da questa vengono comunque tratte le basi per il ragionamento successivo della tradizione.

Un caso notevole è quello della morte del re Saul, narrata al cap. 31 di 1 Samuele, e al cap. 1 di 2 Samuele. Saul muore durante una battaglia contro i filistei; accerchiato dai nemici, vede profilarsi la sconfitta, e temendo di cadere prigioniero ed essere esposto a sofferenze intollerabili, chiede allo scudiero di togliergli la vita; lo scudiero si rifiuta, e allora Saul si trafigge da sé con la sua spada. Ma questo non basta a farlo morire, e allora il re in agonia si rivolge a un giovane amalecita, chiedendogli di finirlo.

L'amalecita uccide Saul, e lo va a raccontare a David, rivale di Saul e futuro re; ma David, ascoltato il racconto, condanna l'amalecita. L'episodio e' troppo complesso perché se ne possano derivare indicazioni univoche; ma emergono alcune linee tendenziali, che saranno sottolineate dalla tradizione successiva. Il tentato suicidio commesso da Saul potrebbe essere un atto illecito, ma diventa comprensibile e giustificabile per le circostanze; ciò che un uomo fa su di sé, o chiede che gli venga fatto per la realtà o il timore di sofferenze non è punibile; l'uomo che soffre non è pienamente responsabile delle sue azioni. D'altra parte non è consentito aderire alla richiesta suicida del re; lo scudiero si rifiuta, e l'amalecita che lo fa viene per questo punito.

Più in generale, al di là di questo episodio, la bibbia prescrive di non uccidere e impone a chiunque il sacro rispetto della vita umana. La tradizione rabbinica sviluppa questo principio affermando che nessuno è padrone, e può liberamente decidere non solo della vita altrui, ma anche della propria. E ciò vale anche quando si tratta di un malato terminale o gravemente sofferente.

Il timore è quello della relativizzazione del concetto di santità della vita, e dell'apertura di una breccia che possa progressivamente allargarsi.

Se si diminuisce il valore della vita di un uomo perché questi sta per morire, la vita dell'uomo in generale perde il suo valore assoluto e diventa relativa
(I. Jakobovitz, jewish medical ethics, p. 152 dell' ediz. ebraica, jerusalem 1966).

Di qui la regola: è proibito ogni atto che possa accelerare la morte di un agonizzante, a nessuno è concesso il diritto di procurare la morte anche se si tratta di un processo irreversibile e imminente, e anche se per i medici non c'è più alcuna speranza di vita, e anche se è il malato stesso a richiederlo. Il medico non deve agire direttamente in questo senso, né deve consigliare al malato i modi per togliersi la vita da solo.

Nel conflitto di interessi tra tutela della santità della vita e l'esigenza legittima di liberare dalla sofferenza, quest'ultima non può avere la prevalenza. Questo non significa tuttavia che non sia parimenti doveroso preoccuparsi della dignità del malato e lenire al massimo le sue sofferenze. I farmaci antidolorifici sono permessi, anche se possono affrettare la morte, purché non siano dati proprio per questo scopo.

Più in generale la necessaria durezza di una scelta di principio e' in qualche modo mitigata da ulteriori analisi e precisazioni. Se infatti esistono ampi spazi eticamente legittimi per l'esercizio della professione medica, perché è stato dato ai medici il permesso di curare, vi sono anche attività di cura illecite, perché curare non significa prolungare le sofferenze. Di qui l'importante distinzione: così come è proibito accelerare la morte di un individuo, parimenti può essere proibito ritardarla con mezzi artificiali. Le fonti medioevali abbondano di strane casistiche in questo senso: ad esempio il rumore ritmico di uno spaccalegna che entra in risonanza con il battito cardiaco di un agonizzante, o il rumore o il pianto nella stanza dove si trova il malato, se ne prolungano l'agonia, possono essere ridotti al silenzio. In altri termini, appare lecito rimuovere ciò che impedisce la morte, mentre è illecito mettere in atto ciò che direttamente la affretta.

La distinzione è molto sottile e di difficile applicazione, per cui sono molte le precisazioni necessarie su problemi attuali. Un esempio riguarda le varie apparecchiature che tengono artificialmente in vita i pazienti nelle sale di rianimazione; c'è chi suggerisce la possibilità di programmare nell'attività di queste apparecchiature delle pause automatiche, che consentano di verificare l'attività spontanea del malato, e in base a queste decidere se far ripartire l'apparecchio. Si parla ovviamente di malati in situazioni irreversibili e senza speranze, legati per loro sopravvivenza al mezzo meccanico, ma ogni situazione è un caso a parte e impone scelte difficili dal punto di vista etico-giuridico e sofferte per tutte le loro implicazioni umane.

La bioetica dei trapianti è un altro tema di questo incontro. L'argomento dei trapianti, per la sua complessità, non può essere affrontato neppure per sommi capi in questo spazio, ma si possono dare alcuni orientamenti su un aspetto particolare, collegato al tema precedente, quello del malato terminale. Per l'ebraismo chi salva una vita umana e' come se avesse salvato un mondo intero.

La tutela della vita umana passa al disopra di ogni altra legge. Si può violare qualsiasi altra norma per salvare una vita, ma esiste un limite implicito in questo principio, ed è la tutela di un altra vita. il Talmu'd dice: il tuo sangue non è più rosso di quello di un altra persona. La tua vita vale quanto la sua. Si può far tutto per salvare una vita, tranne che sacrificarne un'altra. Ed è questo uno dei problemi bioetici principali in quei trapianti, nei quali l'organo donato e' un organo vitale, come nel caso del cuore. L'imperativo di salvare una vita umana, o di migliorare in modo significativo la qualità di un'esistenza, rappresenta in linea di massima la giustificazione etica per l'esecuzione dei trapianti, così come il rispetto della vita altrui ne rappresenta il limite.

In altri termini non è assolutamente lecito sopprimere una vita di una persona per estrarre dal suo corpo un organo da donare. Nel caso del trapianto cardiaco il problema si è posto per la necessità di disporre di un organo funzionante. A che punto dell'agonia di un malato terminale è lecito intervenire per prelevarne l'organo vitale? È una domanda alla quale le legislazioni civili cercano di dare una risposta ben precisa, definendo con la massima cura i criteri per la valutazione della morte cerebrale. Ciò che è successo, in parallelo, nel mondo ebraico rappresenta un evento per molti versi straordinario.

Nel 1968, all'epoca dei primi trapianti cardiaci, le valutazioni di molte autorità rabbiniche furono negative, e vennero formulate contro i chirurghi accuse di duplice omicidio dell'accettore, in quanto sottoposto a una procedura che non gli dava garanzie di sopravvivenza, e del donatore, perché il cuore gli era stato tolto mentre ancora batteva. La prima difficoltà si e' risolta con il progresso tecnico e il controllo delle reazioni di rigetto; oggi il trapianto cardiaco è considerato una valida misura terapeutica.

Ben più complessa la seconda difficoltà, che implica un dibattito sulla definizione del momento della morte. I primi pronunciamenti rabbinici si erano basati su alcune tradizioni che consideravano come criterio certo di morte la cessazione dell'attività cardiaca, e quindi avevano proibito il trapianto, in quanto l'espianto di un cuore battente si identificava con un omicidio.

Ma il dato dell'efficacia clinica del trapianto, ha imposto una completa revisione delle fonti e degli atteggiamenti conseguenti, con il risultato di un nuovo e più approfondito esame, che ha portato a privilegiare, tra le fonti antiche, le linee giuridiche degli autori che identificavano la morte con la cessazione dell'attività respiratoria e quindi con quella cerebrale.

Di qui un pronunciamento ufficiale del rabbinato centrale israeliano, del 1986, che ha stabilito i criteri per la definizione di morte in base alla cessazione dell' attività cerebrale, e ha aperto la strada per l'autorizzazione, dal punto di vista della norma ebraica, dei trapianti cardiaci.

Non tutti i rabbini hanno accettato questa posizione, ma il caso è dimostrativo dell' atteggiamento che le autorità rabbiniche, e più in generale il pensiero ebraico, hanno su problematiche di bioetica: una grande attenzione agli sviluppi tecnici e ai loro potenziali benefici per l'uomo, insieme a una prudente vigilanza e a una incessante e talora lacerante riflessione, per la tutela dei principi etici su cui si fonda la tradizione dell'ebraismo e la convivenza civile dell'umanità.

Rav Riccardo Di Segni

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[Fonte: tracce.it - gennaio 2003]

http://www.nostreradici.it/bioetica-ebraica.htm

Parigi. Ebrei e cattolici, d’accordo contro l’eutanasia

Parigi. Ebrei e cattolici, d’accordo contro l’eutanasia
Dichiarazione congiunta dell’Arcivescovo cattolico e del gran rabbino di Parigi

[v. Testo del Comunicato finale Vaticano Gran Rabbinato d'Israele, marzo 2006]


Monsignor André Vingt-Trois, Arcivescovo di Parigi, e David Messas, gran rabbino della capitale francese, hanno ritenuto utile rendere pubblica una dichiarazione congiunta sui malati terminali con cui desiderano contribuire alla promozione di una vera e degna assistenza alle persone al termine della loro vita. L’Arcivescovo e il gran rabbino di Parigi hanno ribadito la loro opposizione a “ogni forma di eutanasia”, intesa come “ogni comportamento, azione o omissione, il cui obiettivo è dare la morte a una persona per porre così termine alle sue sofferenze”.

“Esprimiamo un’opposizione molto ferma a ogni forma di aiuto al suicidio e a ogni atto di eutanasia”, si legge in una dichiarazione comune resa pubblica il 2 aprile scorso. I due firmatari si basano sul comandamento biblico “Non uccidere”, che “esige dalla famiglia e da quanti prestano cure di non cercare di accelerare la morte del malato (...) e di non chiedere l’aiuto degli altri a questo scopo”.

Dichiarandosi consapevoli delle sofferenze del malato terminale, l’Arcivescovo e il gran rabbino esortano al ricorso alle cure palliative, previsto da una legge di due anni fa. “La sollecitudine dovuta ai nostri fratelli e alle nostre sorelle gravemente malati o anche agonizzanti (...) esige l’impegno nel porre rimedio alle loro sofferenze (...). Non possiamo quindi che rallegrarci per ciò che la legge invita a sviluppare (le cure palliative) in tutti gli ospedali e le strutture medico-sociali”, sottolineano.

Da questo punto di vista, il ricorso a una cura “che può avere come effetto secondario accorciare la vita” quando è l’unico modo di “alleviare la sofferenza di una persona in fase avanzata o terminale di una malattia grave e incurabile” viene giudicato “legittimo in certe condizioni”, sempre che “l’obiettivo perseguito amministrando questa cura (sia) unicamente alleviare le grandi sofferenze, non accelerare la morte”.

Mostrandosi contrari all’accanimento terapeutico, monsignor Vingt-Trois e il rabbino Messas affermano: “Senza rinunciare in nulla alle nostre convinzioni religiose e al rispetto dovuto a ogni vita umana, ci sembra giusto non intraprendere cure che non otterrebbero altro che un mantenimento della vita a prezzo di forzature o sofferenze sproporzionate”.

“Il fatto di non intraprendere (o di smettere di mantenere), per un malato determinato, questo o quel trattamento medico non dispensa dal dovere di continuare ad averne cura”, soprattutto di continuare ad alimentarlo “privilegiando la via naturale”. Tuttavia, se le circostanze eccezionali obbligano a “limitare o anche a sospendere l’apporto nutrizionale”, questo “non deve mai diventare un mezzo per accorciare la vita”, ricordano i firmatari della dichiarazione.

Questa analisi comune è il frutto dei lavori del gruppo di riflessione avviato dalla Diocesi e dal Concistoro di Parigi, un gruppo formato da membri del Servizio per i rapporti con l’ebraismo della Dicesi di Parigi e della Commissione per i rapporti con le altre religioni del Concistoro Israelita di Parigi.
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[Fonte: Zenit 5 sprile 2007]


L'argomento non è nuovo, perché già nel marzo dello scorso anno:

"La vita è un dono divino da rispettare e preservare", e per questo l'eutanasia va "ripudiata", anche se è doveroso "ogni possibile sforzo per alleviare le sofferenze umane". È quanto scritto in un documento approvato da una commissione congiunta del Vaticano e del Gran Rabbinato d'Israele dopo una riunione che si è tenuta in Vaticano dal 26 al 28 febbraio (28-30 Shevat 5766 nel calendario ebraico).
La vita di una persona, e quindi la scelta di disporne a proprio modo, non appartiene all'individuo né tanto meno alla società: "Noi ripudiamo decisamente l'idea di un dominio umano sulla vita, e del diritto di decidere del suo valore o della sua durata da parte di qualsiasi persona o gruppo umano".
"Ripudiamo il concetto di eutanasia attiva", aggiunge il documento. "Pur rigettando la presunzione umana di assumere la prerogativa divina nel determinare il tempo della morte, affermiamo l'obbligo di fare ogni possibile sforzo per alleviare le sofferenze umane". «Ogni conoscenza e capacità umana deve servire a promuovere la vita e la dignità dell'uomo", e che "non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente accettabile".
http://www.nostreradici.it/ebcrcontro-eutanasia.htm

C'è un diritto alla morte? Di chi è la decisione? E' lecito uccidere per pietà?

LIBERAZIONE DAL PENSIERO MODERNISTA
DELL'EUTANASIA


C'è un diritto alla morte? Di chi è la decisione? E' lecito uccidere per pietà?

Periodicamente i partiti politici che si definiscono libertari, approfittano di vicende umane dolorose per rilanciare a necessità di una legge che consenta l'eutanasia.
La parola significa "ben morire" e viene dal greco: eu : buona, bella, dignitosa e tànatos : morte.
Tutti desiderano una buona morte ma questa giusta aspirazione introduce due domande: 1) La legge dovrebbe consentire la soppressione degli inguaribili? 2) Fino a che punto è lecito alleviare le sofferenze?
Già i popoli più o meno barbari eliminavano gli anziani perché ritenuti disutili e per il medesimo motivo erano spesso fatti morire bimbi maschi e femmine deformi e deboli.
Fu il Cristianesimo che divulgò il comandamento dato a Mosè: " Non uccidere ", traducibile "Non assassinare".

Oggi che laicismo di ogni colore, scetticismo o secolarismo cercano di togliere Dio dalla storia umana come nel tempo prediluviano, si vorrebbe dare un senso di "progresso civile" alla vita e quindi alla possibilità di sopprimerla. Come diceva Sartre Jean - Paul (1905-1980), filosofo, scrittore e giornalista politico francese: "se Dio non esiste, tutto è possibile". Per i cristiani nessuno, unanimemente, può trasformare un delitto in diritto.
L'innocente non può essere ucciso da nessuno: il consenso del candidato all'eutanasia equivarrebbe al suicidio, negli altri casi si tratterebbe d'omicidio.
L'attuale legislazione, in ogni modo, ritiene che l'uccisione di un essere umano, eccezion fatta per la legittima difesa in stato di necessità, non può mai considerarsi lecita. L'art. 5 del Codice Civile classifica la vita e l'integrità personale tra i beni indispensabili anche vi è il consenso dell'interessato.
La duplice domanda che ci si è posta è complicata nella risposta dal fatto che non c'è una definizione uniforme di vivo o morto, inguaribile, morente … Gli stessi medici hanno a volte ammesso che "la consapevolezza" della morte è difficile da studiare in modo obbiettivo.

A volte, poi, gli sforzi per mantenere in vita possono trasformarsi in sforzi per prolungare l'agonia. Di conseguenza la nascita di club, gruppi di pensiero degli slogan come: "diritto a morire con dignità", non dare anni alla vita ma vita agli anni, "possibilità di troncare l'insopportabilità della sofferenza". Ultimamente pressioni provengono da ammalati d'Aids che chiedono di porre fine alle sofferenze degli inguaribili tra loro.

In ogni modo al quesito: "La legge dovrebbe consentire la soppressione degli inguaribili?", il cristiano deve rispondere: NO. La vita va rispettata e preservata, è un dono di Dio: " Poiché in te è la fonte della vita e per la tua luce noi vediamo la luce ". ( Salmo 36:9 ). Il comandamento è chiaro "Non uccidere". Lo Stato italiano ha una legislazione che allo stato va osservata perché non in contrasto con quella di Dio ( cfr. Atti 5: 29 ) " Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: "Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini. ". L'apostolo Paolo insegnò che " Perciò è necessario stare sottomessi (alle autorità) , non soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza ". ( Romani 13: 5 ).

Quanto al secondo interrogativo: "Fino a che punto è lecito alleviare la sofferenza?", la risposta è senz'altro: fino a qualsiasi livello purchè siano leciti i "mezzi" usati. La liceità si deve sempre basare sugli "effetti" dannosi che tali mezzi provocano. Ad esempio, alcuni accelerano la morte il che, è illecito. In questo caso bisogna distinguere tra: farmaci che provocano la morte e quelli che togliendo il dolore abbreviano la vita. Altri medicinali privano della coscienza completamente, questo richiederebbe un permesso preventivo. In ogni caso mai sarebbe giusto privare di consapevolezza un uomo non pronto spiritualmente alla morte. Lo scudiero del re biblico Saul, rifiutò di accogliere la richiesta del re di aiutarlo a " morire con dignità " e il neo re Davide condannò a morte chi invece accettò di farlo ( I° Samuele 31: 4; II° Samuele 1: 6-16 ) " Saul disse al suo scudiero: "Sfodera la spada e trafiggimi, affinché questi incirconcisi non vengano a trafiggermi e a farmi oltraggio". Ma lo scudiero non volle farlo, perché aveva paura. Allora Saul prese la propria spada e vi si gettò sopra. "; " 6 Il giovane che gli raccontava queste cose, disse: "Mi trovavo per caso sul monte Ghilboa e vidi Saul che si appoggiava sulla sua lancia e i carri e i cavalieri stavano per raggiungerlo. 7 Egli si voltò indietro, mi vide e mi chiamò. Io risposi: Eccomi. 8 Egli mi chiese: Chi sei? Gli risposi: Sono un Amalechita. 9 Egli mi disse: Avvicínati a me e finiscimi, perché sono preso da vertigine, anche se sono ancora vivo. 10 Io dunque mi avvicinai e lo uccisi, perché sapevo che, una volta caduto, non avrebbe potuto vivere. Poi presi il diadema che egli aveva in capo, il braccialetto che aveva al braccio, e li ho portati qui al mio signore". 11 Allora Davide prese le sue vesti e le stracciò, lo stesso fecero tutti gli uomini che erano con lui. 12 Fecero cordoglio e piansero e digiunarono fino a sera, a motivo di Saul, di Gionatan, suo figlio, del popolo del SIGNORE e della casa d'Israele, perché erano caduti in battaglia. 13 Poi Davide chiese al giovane che gli aveva raccontato quelle cose: "Di dove sei?" Quegli rispose: "Sono figlio di uno straniero, di un Amalechita". 14 Davide gli disse: "Come mai non hai temuto di stendere la mano per uccidere l' unto del SIGNORE?" 15 Poi chiamò uno dei suoi uomini e gli disse: "Avvicínati e colpisci costui!" Quello lo colpí ed egli morí. 16 Davide gli disse: "Il tuo sangue ricada sul tuo capo, perché la tua bocca ha testimoniato contro di te quando hai detto: Io ho ucciso l'unto del SIGNORE" . Alcune considerazioni s'impongono in tema di così delicata implicazione.

Rebecca, gravida del patriarca Isacco, preoccupata del suo stato di salute " andò a consultare l'Eterno " ( Genesi 25: 22 ). Avvertendo i gemelli che si urtavano nel suo corpo, lei si chiese: " perché vivo? " e richiese l'aiuto divino. Prima d'ogni decisione occorrerà fare nello stesso modo.
L'integro re Ezechia era affetto da male inguaribile ma Dio lo guarì. Non bisogna concludere

frettolosamente l'inevitabilità della morte imminente. Ci sono precise e personali promesse bibliche, per la possibile guarigione da infermità. E come alcune di seguito " Se tu ascolti attentamente la voce del SIGNORE che è il tuo Dio, e fai ciò che è giusto agli occhi suoi, porgi orecchio ai suoi comandamenti e osservi tutte le sue leggi, io non ti infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il SIGNORE, colui che ti guarisce " ( Esodo 15: 26 ). " Egli perdona tutte le tue colpe, risana tutte le tue infermità " ( Salmo 103: 3 ). " … mediante le sue lividure noi siamo stati guariti". ( Isaia 53: 5 ). " Ma per voi che avete timore del mio nome spunterà il sole della giustizia, la guarigione sarà nelle sue ali; voi uscirete e salterete, come vitelli fatti uscire dalla stalla ". ( Malachia 4: 2 ).

Non bisogna mai disperarsi, neanche nel caso di vicende dolorose.

La Bibbia dice che si può essere " Perplessi ma non disperati ". Come il paziente Giobbe bisognerà sempre concludere: " L'Eterno ha dato, l'Eterno ha tolto; sia benedetto il nome dell'Eterno ".
Presto verrà il giorno in cui nessuno dirà: " Sono malato " ( Isaia 33:24 ). Non si tratta di discutere del diritto a morire ma di quello alla vita. E' detto: " Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l'ira di Dio resta sopra lui. ".

Gesù insegnò che la vita umana ha un gran valore agli occhi del Padre: " Cinque passeri non si vendono per due soldi? Eppure non uno di essi è dimenticato davanti a Dio;7 anzi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete piú di molti passeri ". ( Luca 12: 6,7 ).



http://www.adi-rc.org/sitonew/articoli.asp?op=apri&id=21

La Svizzera ha un approccio liberale all’assistenza al suicidio. Una nuova legge introdurrà delle restrizioni?

Assistenza al suicidio in Svizzera
La Svizzera ha un approccio liberale all’assistenza al suicidio. Una nuova legge introdurrà delle restrizioni?



10 febbraio 2009 - (ve) Il Codice penale svizzero, all’articolo 115, stabilisce che prestare aiuto ad una persona intenzionata a suicidarsi non è reato, se l’aiuto non viene prestato per motivi egoistici. Sulla base di questa norma minima, la Svizzera ha sviluppato una prassi piuttosto liberale nell’ambito dell’assistenza al suicidio. Nel paese sono sorte organizzazioni private, come Dignitas o Exit, che offrono aiuto alle persone che intendono porre fine ai loro giorni. Le autorità federali intendono ora introdurre regole che limitino l’attività delle organizzazioni che offrono aiuto al suicidio, ponendo quest’ultime sotto la sorveglianza della Confederazione.

A margine di una tavola rotonda dal titolo “Selbstbestimmt leben - und sterben?”, (“Decidere di vivere - decidere di morire?”) organizzata dall’Open Forum di Davos, sul tema del suicidio assistito e dell’eutanasia, la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf ha accettato di rispondere ad alcune domande in merito al prospettato varo di una legge federale che regolamenti la delicata materia dell’aiuto al suicidio.

Eveline Widmer-Schlumpf, è davvero necessario un intervento dello stato in questo settore?
Ritengo che a questo punto sia indispensabile intervenire. Negli ultimi anni ci sono stati degli sviluppi che lo Stato non può ignorare e di fronte ai quali non può chiudere gli occhi. Il problema è questo: quali misure adottare per porre dei limiti a situazioni che non possono essere accettate da un punto di vista etico e morale? In questo senso siamo chiamati ad intervenire.

A quali sviluppi si riferisce e quali abusi intendete impedire?
Negli ultimi anni ci sono stati numerosi casi di persone che si sono tolte la vita ricorrendo al suicidio assistito. Questi casi pongono delle domande alla società: non c’era davvero altra soluzione possibile che quella del suicidio, per quelle persone? Che cosa avremmo potuto fare noi, che cosa avremmo dovuto fare noi? Ci si può chiedere inoltre se la loro decisione di togliersi la vita non sia stata influenzata da pressioni esterne, se non abbiano percepito da parte di chi stava intorno a loro un tacito invito a farsi da parte, ad andarsene. Per impedire che si producano situazioni simili, per aiutare persone che desiderano ancora vivere, ma si sentono sottoposte a pressioni esterne, dobbiamo formulare alcune chiare regole. Non deve succedere che qualcuno dica: oggi voglio morire - e il suo desiderio sia accolto - sapendo che domani o dopodomani quella stessa persona potrebbe affermare il contrario.

Ma in questo settore così delicato, lo stato può davvero stabilire delle regole precise, che comprendano ogni possibile situazione e circostanza?
No, lo stato non può regolamentare ogni situazione e ogni circostanza. E in definitiva la decisione di porre termine alla propria vita dipende dalla responsabilità e dalla libera scelta di ogni persona che per motivi diversi ritiene di non trovare altra via di uscita che quella di suicidarsi. La domanda che io mi pongo è questa: la decisione è stata presa liberamente da quella persona? Se è così, non ho nulla da obiettare, una simile scelta può fare parte di un percorso di vita. Ma se invece quella decisione è stata influenzata da altri, o se è stata determinata da fattori che potrebbero essere modificati, allora ritengo che lo stato debba intervenire. Lo stato è chiamato a proteggere la vita, a creare condizioni che permettano di vivere. Questi sono gli elementi che dobbiamo valutare.

L’obiettivo del Consiglio federale sarà quello di porre fine all’attività di organizzazioni di aiuto al suicidio come Exit o Dignitas?
Io personalmente non lo voglio, ma non so quale sarà a questo proposito la posizione del Consiglio federale. Quello che io voglio è che queste organizzazioni operino nel quadro di regole chiare e trasparenti, che vengano imposti criteri precisi in merito alle qualifiche del personale che accompagna chi desidera morire, che simili organizzazioni dispongano di un accompagnamento medico e sociale qualificato che assicuri un corretto trattamento delle persone che si rivolgono a loro. Questi sono per me alcuni criteri indispensabili.

Signora Widmer-Schlumpf, lei è di confessione evangelica riformata. Che rapporto c’è tra la sua fede e le decisioni che è chiamata a prendere nell’ambito ad esempio del suicidio assistito?
La mia convinzione religiosa si riflette nel mio modo di essere e di agire, questo è chiaro. E ciò vale anche per le mie convinzioni etiche. Credo che questo sia comune a tutte le persone: le convinzioni più profonde affiorano e si manifestano. Nel contempo cerco però di trovare delle soluzioni - e questo fa parte dei miei compiti precisi - che possano essere condivise dalla maggioranza delle cittadine e dei cittadini (intervista a cura di Paolo Tognina).

Il dibattito politico recente
Nell’ottobre del 2006, la Commissione nazionale d’etica per la medicina (CNE) ha presentato dei criteri che dovrebbero far parte di una legge sulle organizzazioni di assistenza al suicidio. Tra questi, l’accertamento della capacità di discernimento del candidato al suicidio, la limitazione dell’assistenza a persone il cui desiderio di morte dipende da una grave sofferenza dovuta a malattia, l’assenza di pressioni dall’esterno, l’accertamento della volontà del paziente attraverso colloqui personali e ripetuti, la presa in considerazione di un secondo parere.
Il governo federale si era finora espresso contro l’introduzione di una legge sul suicidio assistito. In particolare il consigliere federale Christoph Blocher, ministro della giustizia, aveva ribadito che “possibili abusi nel quadro del suicidio assistito devono essere impediti attraverso un’applicazione coerente del diritto penale e della legislazione sanitaria”. La successora di Blocher, Eveline Widmer-Schlumpf ha invece imboccato una strada diversa e sostiene l’introduzione di una legge federale in materia.

Il contesto e la terminologia
La Svizzera è più liberale per quanto concerne l’eutanasia rispetto alla maggior parte dei paesi europei, ad eccezione dell’Olanda e del Belgio, che autorizzano, a certe condizioni, l’eutanasia attiva (il gesto viene compiuto da una persona terza).
In Svizzera l’eutanasia attiva diretta è assimilata all’omicidio, dunque punibile.
L’eutanasia attiva indiretta (p. es. amministrare delle forti dosi di morfina) non è punibile.
L’eutanasia passiva (sospendere la terapia) non è punibile.
L’aiuto al suicidio passivo (il paziente viene accompagnato, ma compie da solo il gesto finale) è autorizzato (fonte: swissinfo)

Nella foto (swiss-image): Eveline Widmer-Schlumpf



http://www.voce-evangelica.ch/index.cfm?method=articoli.notizie_gen&id=9008

Un’infermiera del Somerset (Inghilterra) rischia il licenziamento per essersi offerta di pregare per una paziente

Preghiere pericolose
Editoriale del 4/2/2009, 12:26


«Un’infermiera del Somerset (Inghilterra) rischia il licenziamento per essersi offerta di pregare per una paziente. Caroline Petrie è stata sospesa dal servizio per aver offerto sostegno cristiano durante una visita a casa ad una donna anziana».

Le notizie che arrivano dalla Gran Bretagna, sono sempre istruttive.
Riassunto delle puntate precedenti: nella patria del diritto e della libertà non è possibile festeggiare una ricorrenza che abbia un sentore religioso; è vietato indossare un oggetto configurabile come cristiano; è proibito pregare per chi ci sta vicino.

Come se non bastasse, ora è censurabile addirittura chiedere a un proprio paziente se apprezzerebbe la nostra preghiera nei suoi confronti.

L’infermiera faceva proprio questo: si limitava a chiedere ai suoi pazienti se volessero ricevere una preghiera. Si tratta di un gesto che, in un paese civile, verrebbe considerato pietoso e gentile, se non addirittura umano.

Chi soffre, di solito, sente il bisogno di dare un senso al suo dolore, cerca di comprendere la sua condizione, si interroga sulla vita e - talvolta - sulla morte. Una parola gentile che scaturisce da una fede serena può dare più sollievo di un farmaco.

Interessante notare anche che - stando al Corriere - l’infermiera correttamente non imponeva la preghiera, e si asteneva perfino dal proporla a coloro che riteneva potessero venir turbati da una simile offerta: e infatti a segnalare il caso è stata una anziana signora che, ironia della sorte, si definisce cristiana, e che ha riferito il fatto a un’altra infermiera, a quanto pare pronta a riferire alla direzione l’increscioso incidente.

Tant’è: l’infermiera è stata sospesa per aver voluto andare oltre, aiutare in ogni modo a lei possibile i malati che le erano stati affidati, certa che la malattia non sia solo un accidente fisico, ma (difficilmente si potrà sostenere il contrario) rattristi anche lo spirito.

Apprendiamo quindi che, in un paese laico e libero, l’infermiera deve limitarsi a fasciare le piaghe e tacere. Curioso, decisamente. Ci avevano raccontato che per certe professioni è necessaria una vocazione, specialmente quando si tratta di sopportare il peso di un contatto quotidiano con la sofferenza del prossimo: per questo ci eravamo illusi che la solidità spirituale potesse essere un valore aggiunto per chi opera in settori delicati come la sanità.

E invece no. Scopriamo che il medico, asettico nel suo camice bianco, deve limitarsi a guardarci come guarderebbe una cavia da laboratorio, considerando la nostra patologia come una semplice sfida e la nostra persona come un banale ammasso di reazioni fisiochimiche. Non dovrebbe proferire parola, perché potrebbe urtare la sensibilità del paziente; non dovrebbe accennare un sorriso, perché potrebbe offendere il credo di chi vede la malattia come un dono; non dovrebbe elargire rassicurazioni, perché potrebbe turbare la fede del paziente fatalista.

Un paese con un sistema sanitario come questo sarà sicuramente un paese laico. Ma, francamente, non lo definiremmo un paese libero.

biblicamente - uno sguardo cristiano sull’attualità

pj@evangelici.net



http://www.evangelici.net/editoriali/1233746761.html

Liberate suore rapite in Kenya, "Tanta angoscia ma stiamo bene"

Liberate suore rapite in Kenya, "Tanta angoscia ma stiamo bene"
Frattini: Nessun riscatto nè blitz. Vaticano: Grandissima gioia
Roma, 19 feb. (Apcom) - E' durata esattamente 102 giorni la prigionia di Caterina 'Rinuccia' Giraudo e Maria Teresa Oliviero, 61 e 67 anni, le due suore del Movimento Contemplativo Missionario Padre de Foucauld di Cuneo rapite la notte tra il 9 e il 10 novembre scorso a El Wak, nel nord-est del Kenya, da una banda di miliziani somali vicini a gruppi terroristici di stampo islamico: oggi il Ministero degli Esteri ha divulgato la notizia della loro liberazione. "Abbiamo vissuto con tanta angoscia, ma ora stiamo bene: oggi siamo resuscitate", le loro prime parole.

"Non ci sono stati blitz nè riscatti", ha precisato il ministro degli Esteri Franco Frattini di rientro dall'Afghanistan, che ha espresso una "immensa soddisfazione" per la liberazione: "La Farnesina - ha affermato - è molto vicina a tutti gli operatori umanitari che pongono la loro caritatevole opera al servizio dei più deboli e bisognosi anche nei contesti più difficili". Anche il Vaticano, tramite il direttore della sala stampa padre Federico Lombardi, ha manifestato una "grandissima gioia: sono mesi che stavamo pensando e pregando per loro, ora continuiamo a ricordare tutti coloro che sono ancora nelle mani di sequestratori".

Sulle modalità del sequestro delle religiose erano trapelate poche informazioni: erano state rapite insieme ad alcuni collaboratori da un commando di 200 uomini armati nella loro casa vicino al confine con la Somalia, per essere condotte in una località meridionale del paese del Corno d'Africa. Le missionarie si trovavano in Kenya da molti anni, dove lavoravano con i profughi somali: suor Giraudo, infermiera, curava soprattutto i malati di epilessia.

La Farnesina aveva attivato subito l'Unità di crisi, che ha lavorato in stretto coordinamento con le ambasciate italiane a Nairobi e Mogadiscio, mentre la Procura di Roma aveva aperto un fascicolo per "sequestroa scopo eversivo".

Nel negoziato hanno avuto un ruolo di primo piano gli anziani delle tribù locali del Kenia, che hanno cercato di trattare la liberazione con i capi-tribù somali: in un primo momento anche l'esercito keniota si era detto pronto ad intervenire militarmente inseguendo le milizie, ma la Farnesina ha sempre dato ufficialmente parere negativo ad un blitz.

Anche Benedetto XVI, subito dopo Natale, aveva fatto un appello per la liberazione delle religiose affinchè "potessero riprendere il loro disinteressato servizio ai fratelli più poveri". Quindi era partita la missione del presidente del Comitato Schengen e immigrazione Margherita Boniver, che si era recata a Nairobi come inviato personale di Frattini per favorire un esito positivo della vicenda: si erano diffuse voci di un riscatto da pagare (circa 2 milioni di dollari) al quale, però, si sarebbe opposto il governo keniota, che non avrebbe voluto finanziare un'organizzazione terroristica somala.

Oggi l'annuncio del rilascio: Caterina e Maria Teresa hanno raggiunto Nairobi con un volo da Mogadiscio, raggiungendo poi la residenza dell'ambasciatore italiano in Kenya Pierandrea Magistrati. "Stiamo bene, siamo resuscitate", hanno detto, raccontando di aver superato il periodo di prigionia "grazie alla fede", sottolineando di aver instaurato una "bella amicizia" con i rapitori e ringraziando il Papa e i fedeli che hanno pregato per la loro liberazione: "I giorni di prigionia sono trascorsi con tanta angoscia. Abbiamo avuto paura, ma anche tanta speranza".

I sequestratori, hanno spiegato le suore, "ci hanno trattato bene: dicevano solo che volevano solo soldi. Con loro parlavamo abbastanza amichevolmente". Commentando la liberazione padre Pino Isoardi, responsabile del Movimento Contemplativo di cui fanno parte le religiose, ha espresso una "gioia grandissima: non ci sono state avvisaglie per nessun motivo della liberazione, fino ad una telefonata alle 13 di oggi. Le sorelle stanno bene, non sono state maltrattate. In Italia tornano nel giro di 10 giorni: per ora si fermano a Nairobi".

Sulla vicenda è intervenuto anche il premier Silvio Berlusconi, che ha sottolineato la propria soddisfazione per esser riusciti a lavorare "nella massima riservatezza. E' stata una cosa difficile e lunga per la situazione politica della Somalia", ma "finalmente ci siamo riusciti". Il presidente del Senato Renato Schifani, infine, ha spiegato che "questa è una notizia importante non solo per la Chiesa, ma per tutto il Paese, che riempie di gioia il cuore degli italiani".

http://notizie.virgilio.it/notizie/cronaca/2009/02_febbraio/19/liberate_suore_rapite_in_kenya_tanta_angoscia_ma_stiamo_bene,18051917.html

Esiste la lobby ebraica?

Esiste la lobby ebraica?

Mauro Manno



Solo pochi anni fa, chi osava porre questa domanda veniva subito tacciato di «antisemitismo». E non solo da sionisti o ebrei, ma soprattutto da personaggi di 'sinistra'. Dopo la guerra contro l'Iraq, che Israele è riuscita a far fare per procura agli Usa, ciò non è più possibile. Due rispettabili studiosi americani, Mearsheimer e Walt, con dovizia di particolari, hanno provato che Israele, attraverso la sua lobby in America, ha il potere di determinare la politica estera USA a suo vantaggio.

Fa meraviglia che oggi la cosiddetta 'sinistra', e non solo quella non-alternativa, sia scivolata nel pantano ripugnante dei sostenitori del sionismo, delle colonie, di Israele, e dei suoi innumerevoli e sempre nuovi crimini? No nessuna meraviglia. É la logica conseguenza di scelte sciagurate di tanti anni fa. Quando si definisce il sionismo 'lotta di liberazione degli ebrei', di tutti gli ebrei, anche dei non-sionisti o dei non israeliani, allora è logico dire che chi si oppone a Israele, cioè al frutto della 'lotta di liberazione', è solo un «antisemita», non vuole che gli ebrei siano liberati, li vuole semplicemente sopprimere. Ma se il sionismo è la 'lotta di liberazione degli ebrei', perché tanti ebrei, comunisti, socialisti, semplicemente democratici, si sono opposti al sionismo? erano contro la loro liberazione?Perché oggi questo genere di persone continua ad esistere nella comunità ebraica mondiale?

Una lotta di liberazione è tale perché libera un territorio da una potenza coloniale, non dai suoi abitanti. Il sionismo invece ha patteggiato con l'impero britannico il possesso della Palestina e infine l'ha 'liberata' dei suoi abitanti palestinesi, per costruire uno Stato che oggi costituisce la punta di diamante dell'imperialismo occidentale, quello americano in testa.

Prima ancora che lo dicessero i sionisti o Israele, la 'sinistra' italiana, confondendo sionismo e ebraismo, lanciava a destra e a manca facili accuse di «antisemitismo». Oggi che la destra storica è filo-israeliana perché è filo-imperialista e filo-americana, la sinistra si trova spiazzata. Gli antisemiti storici sono diventati filo-semiti, Fini e la stessa Mussolini sono buoni amici di Israele, anzi accusano la 'sinistra' di tradire Israele e di essere inconsapevolmente a fianco dei 'terroristi'. Gli unici «antisemiti» oggi sono gli anti-imperialisti, gli «anti-americani», coloro che combattono il sionismo e Israele.

Fassino si dichiara apertamente e senza vergogna 'sionista', Bertinotti sostiene che "è difficile criticare Israele", la maggior parte dei sostenitori di Israele però preferisce tacere, il che, davanti ai crimini di guerra e quelli contro l'umanità che Israele commette tutti i giorni (oggi a Gaza e in Libano), equivale a un chiaro sostegno. Chi tace acconsente. I più 'coraggiosi' si spingono tanto in avanti da sussurrare a labbra strette che le risposte di Israele "sono sproporzionate". Sproporzionate? Distruggere un paese, uccidere centinaia di civili, creare un disastro umanitario dislocando 1 000 000 persone per ottenere il rilascio di due soldati rapiti è solo una risposta 'sproporzionata'?

Si dice poi che quella di Israele è 'una risposta' al rapimento dei soldati e quindi in qualche modo la si giustifica. Una risposta? Chi ha cominciato a rapire militanti palestinesi, o a ucciderli, in retate e assalti ai territori palestinesi. Sono circa 8 000 i palestinesi rapiti, in carcere senza processo e accuse, come a Guantànamo, ci sono anche donne e ragazzi. Ci sono ancora resistenti libanesi nelle prigioni israeliane, rapiti in tempi di pace, anche se la resistenza all'occupazione del Libano meridionale ha cacciato gli Israeliani nel 2000. Di questi i nostri 'sinistri' o 'sionistri' non dicono niente?

Ma «Israele ha il diritto di difendersi» dice Bush su suggerimento di Olmert. «Israele ha il diritto di difendersi» grida la sionistra in coro, compreso Bertinotti. Certo è naturale, chi è attaccato ha diritto di difendersi. Non lo si può certo negare. Ma le cose non stanno così. Gli attaccati, dal 1948, sono i palestinesi, l'intero mondo arabo. Si toglie loro la Palestina, la si dà ai sionisti, si impedisce la nascita di uno Stato palestinese, si conquistano e non si rendono territori arabi, si sommergono i paesi vicini di profughi palestinesi, si invadono e si distruggono con mille pretesti i paesi vicini, e tutto questo non è attaccare? Per chi accetta l'esistenza dello Stato sionista, nato da un sopruso imperialista e non da una 'lotta di liberazione', è logico dire che esso è attaccato, soprattutto perché è alleato dell'Occidente. E poi è uno Stato «democratico» e chi lo attacca è «terrorista». Per chi non accetta lo Stato sionista, proprio perché è nato da un sopruso imperialista (anche se camuffato con il travestimento della 'Legalità Internazionale'), è logico schierarsi con gli oppressi, con i palestinesi, con i senza Stato, i profughi, i «terroristi». Noi proponiamo che in Palestina si giunga al più presto alla costituzione di un solo Stato Democratico per palestinesi ed ebrei (un uomo, un voto). Come è successo in Sud Africa. Ma questo comporta lo scioglimento dello Stato sionista per soli ebrei, uno Stato di apartheid. Come era il Sud Africa prima della liberazione.

Perché questa posizione ragionevole e democratica, che permetterebbe, tra l'altro, agli ebrei di liberarsi veramente della loro mentalità da ghetto (Israele è uno Stato-Ghetto per soli ebrei), non si afferma nel mondo tra i democratici, nella sinistra, anche se essa si richiama a valori umanitari, di uguaglianza, di tolleranza, ai princìpi di democrazia e di libertà? Qualcuno dirà: perché la sinistra ha tradito i suoi stessi principi e valori fondanti. Certo. Ma questa risposta non ci soddisfa.

Torniamo alla domanda iniziale: Esiste la lobby ebraica?

Per Jeff Blankfort, un ebreo anti-sionista coerente e coraggioso,la risposta è SI ! Dal suo scritto possiamo capire come gli Stati Uniti d'America, avendo venduto le loro istituzioni parlamentari alla lobby ebraica, si presentino in Medio Oriente operando contro quei principi di libertà e uguaglianza che tanto spesso proclamano essere i valori fondanti della loro democrazia. Certo gli Stati Uniti sono imperialisti, ma cosa ci guadagnano dall'essere complici e responsabili della mancata nascita di uno Stato palestinese, seppur piccolo e striminzito? Cosa perdono invece, con la loro incondizionata politica pro-israeliana, in termini di influenza presso i paesi arabi? Non sono poi Israele e la lobby ebraica che spingono gli Stati Uniti contro i popoli arabi? Cosa ci guadagnano oggi gli Stati Uniti acconsentendo alla distruzione del Libano? La lezione dell'11 settembre non sono stati capaci di capirla bene. Forse perché la lobby ebraica americana ha impedito che si sviluppasse un dibattito serio sui frutti di una politica estera totalmente pro-israeliana. L'imperialismo americano, pur restando imperialista, avrebbe tutto da guadagnare da un atteggiamento più equidistante. Anzi riuscirebbe forse a perseguire meglio i suoi obiettivi almeno in relazione ai regimi arabi filo-occidentali che hanno sempre più difficoltà a gestire le masse arabe solidali con i palestinesi e fortemente anti-israeliane e sempre più anche anti-occidentali.

In Italia, esiste la lobby ebraica? Non solo esiste ma è forte e, fatto grave, non ha oppositori o persone che ne denunciano la pericolosità. Il partito Radicale di Pannella-Bonino-Capezzone prende soldi e ordini da Tel Aviv. Il governo (con le nostre tasse) gli paga, stupidamente, la gestione faziosa e sionista di Radio Radicale. Perché sono tanto interessati a piazzare loro accoliti in ministeri come gli Esteri, la Difesa, le Relazioni col Parlamento europeo? Perché non la Sanità, la Pubblica Istruzione, per esempio? A parte le considerazioni sulla loro forza elettorale, è chiaro che a loro interessano quei ministeri che hanno a che fare con gli Stati Uniti e Israele. Perché si muovono da destra a sinistra a seconda delle possibilità di vittoria dell'uno o l'altro polo? Per entrare comunque al governo, qualsiasi esso sia, per fare gli interessi d'Israele.

E veniamo al Giornale-Partito-Sionista-Italiano "La Repubblica" dell'ebreo sionista De Benedetti. Schierato con la sionistra esercita una grande influenza sul gruppo dirigente DS e in mille modi ne condiziona la politica e la cultura. É riuscito a sostituire 'L'Unità' come giornale del partito di maggior peso nell'Unione, con la sua'Repubblica'. Esercita anche una nefasta influenza culturale nella società. I DS, non più un partito di militanti ma un movimento elettorale e d'opinione, non erano più in grado di mantenere in vita, con le sottoscrizioni e i festival, il giornale del partito, per cui hanno accettato l'offerta di sionizzarsi con De Benedetti. Il glorioso 'L'Unità' di un tempo è stato dato in gestione ad un altro ebreo sionista, Furio Colombo, ex-uomo Fiat e amico di Kissinger, che lo mantiene in vita con i denari (ancora) di De Benedetti. La lobby ebraica italiana, come il Partito Radicale, lavora a destra e a sinistra, sui due tavoli del potere. Così è riuscita a piazzare Feltri al giornale 'Libero' di Berlusconi, e in più vari suoi uomini in altri giornali e alla televisione. Mieli alla direzione del 'Corriere', l'esagitata Fiamma Nierenstein alla 'Stampa', Clemente Mimoun, al TG1, il suo amico Enrico Mentana a Canale 5, Gad Lerner alla 7. Ci limitiamo ai posti dirigenti, non accenniamo nemmeno ai semplici giornalisti. La comunità ebraica italiana conta circa 40 000 membri. C'è una città italiana con una popolazione di queste dimensioni da cui provengono tanti direttori di giornali e telegiornali così importanti? Immaginate tanti direttori di giornali r TV provenienti da Merano (Meran) e tutti osannanti alla politica austriaca o tedesca. C'è evidentemente una strategia di attenzione ai Media italiani da parte della lobby ebraica italiana (e internazionale). La stessa strategia risultata vincente in America. Oggi poi dobbiamo aggiungere Sky (in America: Fox) del famigerato Rupert Murdoch, australiano di nascita, ma da madre ebrea e quindi vero ebreo. Questo amico di Sharon ha avuto un ruolo mondiale importante nell'orientare l'opinione pubblica a favore della guerra in Iraq e a favore di Israele. É uno strumento importante nella cosiddetta «guerra al terrore» di USA e Israele, o meglio di USrael. Tutti se la prendono con gli sciocchi vanitosi sionisti di bandiera Ferrara e Fede, nessuno nota le vere forze vive del sionismo in Italia.


Pubblicato originariamente su http://www.Tlaxcala.es
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GIAPPONE: POTERE OCCULTO-SOKA GAKKAI

Giappone, potere occulto




Dietro le dimissioni del ministro dell'Agricoltura, la propaganda di una setta religiosa
Oscuri retroscena. Dopo il suicidio del ministro dell'Agricoltura avvenuto due settimane fa, l'esecutivo del Premier giapponese Shinzo Abe subisce un secondo, pesante contraccolpo: le dimissioni di Fumio Kyuma, titolare della Difesa. La terza cattiva notizia, a pochi giorni dalle elezioni del Senato, è che gli indici di popolarità della coalizione conservatrice, sono in caduta libera: 30 percento, secondo gli ultimi sondaggi. Le dimissioni di Kyuma, apparentemente scaturite dall'indignazione popolare - e politica - seguita al suo commento sui bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki ("non potevano essere evitati"), sono invece la conseguenza di un'azione di lobbying da parte di un partito politico, il Komeito, alla vigilia del rinnovo del ramo più importante della Dieta nipponica. Una pressione che fa leva sulla propaganda e sul populismo. E che svela inquietanti e oscuri retroscena.

Facciamo un passo indietro. La coalizione del Primo ministro Abe è formata dal Partito Liberaldemocratico e dal Komeito, formazione germinata nel 1964 da una setta religiosa buddhista, e diventata negli anni la sua vetrina. Tale setta si chiama Soka Gakkai. Esponenti politici del Komeito, dai quadri ai semplici impiegati, sono tutti membri della setta, nonostante il partito sia formalmente separato da essa. Alla guida della Soka Gakkai è l'uomo che l'Asia Week Magazine ha piazzato al diciannovesimo posto tra i più potenti dell'Asia. Si chiama Daisaku Ikeda. Il suo punto di forza: 12 milioni di adepti (tra i quali gli 8 milioni di elettori del Komeito), amicizie influenti e frequentazioni dei maggiori leader mondiali, anche alcuni tra i più discussi e controversi, come Noriega, Ceausescu, Castro. La principale finalità della Soka Gakkai ('società per la creazione di valori', in giapponese) è quella di "perseguire la pace come ideale". La setta, la cui base è attualmente il ceto medio-basso (e le casalinghe in particolare), ebbe particolare successo nel dopoguerra, quando cominciò a offrire aiuto materiale e morale agli agricoltori spossessati delle loro terre, ai disoccupati, ai reduci dei bombardamenti. Fondata su un sistema di ideali genuini, la Gakkai si è via via trasformata, attirando su di sé critiche e denunce, soprattutto da quando è diventata la 'creatura personale' del padre-padrone Ikeda. Il guru, o 'sensei' ('maestro'), ultra-settantenne, trascorre il suo tempo viaggiando e professando una filosofia intrisa di messianesimo e pacifismo, nonostante i suoi seguaci non abbiano - in più occasioni - disdegnato la violenza quando occorreva mettere a tacere gli oppositori politici o religiosi. Più di 10 anni fa, membri della setta attaccarono la sede della corrente buddhista antagonista Nichiren Shoshu con bombe e torce. I detrattori della Soka Gakkai dicono che i suoi membri vengono minacciati di finire all'inferno, se criticano o abbandonano la Gakkai. Equivalente buddhista di un Esercito della Salvezza - innegabile l'attività umanitaria e di sostegno economico alle fasce più bisognose della popolazione - il suo patrimonio è valutato dai più informati sui 60 miliardi di euro.

Mani legate. E' stato il partito Komei a chiedere ufficialmente ad Abe le dimissioni del ministro della Difesa a causa delle sue esternazioni. Il Komei fa parte del governo nonostante l'articolo 20 della Costituzione sancisca la netta separazione tra attività politica e attività religiosa. E, nonostante i suoi propositi pacifisti, il partito ha votato a favore dell'invio di 500 soldati giapponesi in Iraq e del progetto dell’esecutivo di riarmare il paese con due disegni di legge atti alla ristrutturazione dell’apparato militare. Oggi, per non patire una disfatta alle elezioni del 29 luglio, il Premier nipponico non può che affidarsi alla capacità di mobilitazione dei militanti della Soka Gakkai.

Luca Galassi
06/07/2007

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Parole chiave: abe, kyuma, soka gakkai, daisaku ikeda
Categoria: Politica
Luogo: Giappone

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SOKA GAKKAI-ANALISI DEL GRIS

SOKA GAKKAI GRIS
La Soka Gakkai è nel complesso abbastanza difficile da comprendere. Nè io la definirei completamente una setta anche se ne ha molte caratteristiche. E' nata negli anni 30 in Giappone, fondata da Josei Toda, e Makiguki, un maestro elementare, diffondendosi poi nei decenni successivi in tutto il mondo, grazie al 3° presidente onorario Daisaku Ikeda, che effettuerà vari viaggi in tutti i continenti per portare il particolare buddismo di Nichiren (sul quale mi dilungherò più avanti). Scriverà in seguito una serie di volumi denominati "La nuova rivoluzione umana", alcuni volumetti di letteratura spicciola dove racconta questi viaggi e le sue "avventure", le difficoltà che ha affrontato con piccole scene umoristiche.

La pratica della Soka Gakkai è molto semplice. Si dice ispirata al buddismo di Nichiren. Il buddismo di Nichiren è basato sul Sutra del Loto, che molti buddisti considerano il "supremo insegnamento", in quanto è una specie di riassunto di tutte le dottrine esposte dal Buddha Shakyamuni nei sutra precedenti. Nichiren affermò che, oltre a studiare e recitare correttamente il Sutra del Loto, per una pratica corretta ed il risveglio della consapevolezza fosse sufficente la recitazione del suo titolo, Myoho Renghe Kyo, che è il titolo in cinese antico. Perciò il mantra che i devoti di Nichiren considerano il mantra sublime, necessario, è Nam Myoho Renghe Kyo, che letteralmente significa "dedico la mia vita alla mistica legge di causa effetto" o anche "dedico la mia vita alla meravigliosa legge del Sutra del Loto".

So bene che la Soka Gakkai viene spesso attaccata proprio a causa della sua pratica che si ritiene a lungo andare "ossessiva ed alienante". Io personalmente ho potuto sperimentare la recitazione del daimoku (nam myoho renghe kyo) e posso dire che funziona, ed è veramente efficace come pratica di consapevolezza.

Sono tante le critiche che la Soka Gakkai riceve. Al mattino ed alla sera si usa recitare Gongyo, alcuni brani ritenuti essenziali del Sutra del Loto. Tali brani però sono recitati in giapponese antico, per cui non se ne conosce il significato! Lo studio dei testi buddisti si basa esclusivamente sui Gosho di Nichiren, delle lettere che il monaco buddista fondatore scriveva ai propri fedeli nel giapponese medievale. Ma ciò che è peggio è che si seguono assiduamente le guide del Sig. Daisaku Ikeda, sul quale si potrebbero dire molte cose.

Dalle accuse di violenza di violenza sessuale che ha ricevuto (smentite dall'associazione però), al possesso di enormi patrimoni. Purtroppo la filosofia proposta dalla Soka Gakkai è tutt'altro che buddista. C'è un grande impegno sociale su ogni fronte, da campagne contro l'inquinamento e per la pace. Peccato però, che nel paese madre, il giappone, la Soka non abbia mai fatto niente per contrastare la pena di morte. Peccato che, fino a poco tempo fa, la Soka Gakkai era strettamente legata ad un partito politico, il New Komeito, infrangendo il principio buddista di separazione tra politica e religione.

Ma non voglio soffermarmi esclusivamente su questi aspetti: se ne potrebbero discutere per ore.
Ciò che più preme ai buddisti è che non v'è traccia nella Soka Gakkai del nobile ottuplice sentiero, nè della presa di rifugio nei tre gioielli. La recitazione di Nam Myoho Renghe Kyo avviene in modo frenetico, molti membri la praticano anche per 3 o 5 ore se non più di seguito. La pratica viene incoraggiata per raggiungere "benefici" materiali. In base a un Gosho di Nichiren mal interpretato, si asserisce che "i desideri sono illuminazione" ed il loro conseguimento porta alla felicità. Un noto libriccino per introdurre alla pratica del Buddismo di Nichiren nella Soka Gakkai è "Felicità in questo mondo" assomiglia tanto ai libretti dei testimoni di Geova. Così come le riviste sempre edite da tale società "Il nuovo rinascimento", "Buddismo e Società" e "Il volo continuo" pullulano di esperienze di praticanti, e di come la loro vita sia cambiata in modo miracoloso.

Sopratutto dopo che si diventa membri di questa associazione viene incoraggiata molto "l'attività" all'interno dell'organizzazione, per mettere "cause positive nella propria vita" ed avere più benefici. A causa della vita frenetica che conducono i membri della Soka, tra lavoro, attività e recitazione, sono tutt'altro che felici.

Ad ogni riunione del gruppo ed evento si effettua sempre il conteggio dei presenti da comunicare ai vertici, vi sono responsabili di "gruppo", di "settore", di "capitolo", di "zona". Dai responsabili di gruppo in su sembra di aver a che fare con persone in genere molto critiche e autoritarie. Si ricevono quantità insolite di visite e telefonate quando un membro decide di allontanarsi dal gruppo.

Vorrei scrivere di più, molto di più. La mia esperienza è stata breve, anche se molto importante ed intensa. Nella mia ricerca ho parlato con molte persone fuoriuscite, ho raccolto esperienze di persone che hanno passato anche 20 anni in questa organizzazione. Molti sono convinti di aver solamente buttato via parte della loro vita.

Vorrei ringraziare i membri della Soka per avermi insegnato questo tipo di pratica, per il sostegno e l'incoraggiamento che mi hanno dato. Io credo che la maggioranza delle persone presenti nelle sette siano sincere, e non cerchino altro che pace e serenità.

Sara
Nondiscordardime
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